Ucoarte. Revista de Teoría e Historia del Arte, 8, 2019, pp. 9-25. ISSN: 2255-1905
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GLI INTERVENTI DI RESTAURO E DI ABBELLIMENTO DELLA
CHIESA DI SANTA MARIA DEI GRECI DAL PERIODO
NORMANNO AL BORBONICO
ROSANNA MAGRÌ
Università di Palermo
Abstract
La storia dei restauri e delle opere di “abbellimento” eseguiti nella chiesa di Santa Maria dei
Greci in Agrigento attraversa un intervallo temporale che va dal periodo normanno ai nostri
giorni, in un continuo lavoro di ricerca voluto da studiosi, che hanno creduto fortemente nella
valorizzazione del monumento. La chiesa sorta sui resti del tempio dorico risalente alla
seconda metà del V secolo a. C.è edificata con molta probabilità durante il periodo bizantino
tra il 395 - Editto di Teodosio - e il 596, quindi prima della conquista musulmana. La struttura
architettonica bizantina della chiesa ha subito, nel corso dei secoli, importanti trasformazioni
che hanno determinato quella che oggi è la sua conformazione attuale. Lesame del periodo, che
abbraccia quasi sette secoli dal 1100 al 1750 - durante il quale sono state apportate all’edificio
importanti trasformazioni architettoniche e completamenti stilistici, costituisce l’oggetto della
presente argomentazione.
Parole chiave
Storia del restauro Santa Maria dei Greci - Sicilia Agrigento.
RESTAURACION Y EMBELLECIMIENTO DE LA IGLESIA DE SANTA
MARIA DEI GRECI DESDE EL PERIODO NORMANDO HASTA EL
BORBON.
Resumen
La historia de las obras de restauración y de las obras de "embellecimiento" llevadas a cabo en
la iglesia de santa Maria dei Greci en Agrigento atraviesa un intervalo temporal que va desde el
período normando hasta nuestros días, en una investigación continua realizada por estudiosos,
quienes creyeron firmemente en la mejora del monumento. La iglesia, construida sobre los
restos del templo dórico que data de la segunda mitad del siglo V a.C., (probablemente se
construyó durante el período bizantino, entre 395, Edicto de Teodosio) y 596, antes de la
conquista musulmana. La estructura arquitectónica bizantina de la iglesia ha sufrido, a lo largo
de los siglos, importantes transformaciones que han determinado lo que hoy es su
conformación actual. El examen del período que abarca casi siete siglos, desde 1100 hasta 1750,
durante el cual se han realizado importantes transformaciones arquitectónicas y terminaciones
estilísticas en el edificio, es el objeto de este argumento
.
Palabras clave
Historia de las obras de restauración – Santa Maria dei Greci - Sicilia Agrigento.
Rosanna Mag
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10
RESTORATION AND EMBELLISHMENT OF THE CHURCH OF SANTA
MARIA DEI GRECI FROM THE NORMAN PERIOD TO THE BOURBON.
Abstract
The history of the restoration works and of the "embellishment" works carried out in the
church of santa Maria dei Greci in Agrigento crosses a temporal interval that goes from the
Norman period to our days, in a continuous research carried out by scholars, who strongly
believed in the enhancement of the monument. The church - built on the remains of the doric
temple dating back to the second half of the 5th century BC.C. - it is probably built during the
Byzantine period between 395 - Edict of Theodosius - and 596, then before the Muslim
conquest. The Byzantine architectural structure of the church has undergone, over the
centuries, important transformations that have determined what today is its current
conformation. The examination of the period, which spans almost seven centuries - from 1100
to 1750 - during which some important architectural transformations and stylistic completions
have been made to the building, is the object of this argument.
Keywords
History of the restoration - Santa Maria dei Greci - Sicily Agrigento.
D
Premessa
La più antica immagine di Agrigento medievale è un disegno anonimo del 1584, conservato nella
Biblioteca Angelica di Roma; esso mostra il circuito delle mura entro le quali, tra le stradine anguste
e tortuose di derivazione araba, si sviluppa l’agglomerato urbano (Fig. 1). Nella parte più alta e antica
del nucleo urbano medievale, denominato Terra Vecchia, separato dalla città bassa da un vallone,
emergono i più importanti edifici noti come lo Steri dei Chiaromonte, la Cattedrale, intitolata a San
Gerlando, il Palazzo vescovile, il complesso di Santo Spirito, il castello regio e la chiesa di Santa Maria
dei Greci. I borghi duecenteschi di San Francesco, San Michele e San Pietro, che si trovavano fuori
le mura nella parte più bassa della città chiamata Terra Nuova, furono inglobati nella nuova cinta
muraria, restaurata nel XIV secolo. La fisionomia della città dell’epoca è da ricondurre
principalmente alla presenza della famiglia feudale dei Chiaramonte, originaria della Francia,
insediatasi in Agrigento dal 1342, e rimasta al potere sino alla caduta della signoria con la morte di
Andrea, ultimo discendente della stirpe, decapitato a Palermo nel 1392. Tra la fine del Duecento e
l’inizio del Trecento, le chiese e i conventi assumono un ruolo fondamentale nella vita cittadina,
grazie al potere esercitato dal vescovo, figura di primo piano nell’assetto politico ed economico della
città medievale. L’insediamento degli ordini monastici incrementa la proliferazione di nuovi edifici
conventuali e alimenta la necessità di ristrutturare le chiese esistenti, danneggiate durante gli scontri
avvenuti contro i musulmani
1
. Numerosi sono i templi greci dell’Impero d’Oriente che vengono
trasformati, di conseguenza, in chiese cristiane, secondo una consuetudine largamente promossa
dalle autorità pontificie dal VI secolo d.C.
2
. Con l’occupazione islamica dell’829, l’antica città greca
di Akragas – che per motivi difensivi si era ritirata sull’acropoli, identificata sulla collina di Girgenti
3
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1
Sardina, 2011: 17-19.
2
Zarbo, 2010: 99-106.
3
Schubring, 1887: 72-85.
Gli interventi di restauro e di abbellimento della Chiesa di Santa María dei Graci
11
- si espande e fortifica assumendo il nome di Kerkent. Nell’area della nuova città - così come
nell’antica - non si individuano nuove costruzioni realizzate dagli arabi; pertanto, è possibile
ipotizzare che i luoghi di culto cristiano abbiano continuano a svolgere la propria funzione senza
aver subito modifiche sostanziali nell’assetto architettonico. Gli arabi, infatti, pur vietando la
costruzione di nuove chiese, avevano consentito ai popoli sottomessi di continuare a professare la
propria religione
4
. Il tempio della Concordia - trovandosi extra moenia rispetto al nuovo nucleo urbano
- è un chiaro esempio di trasformazione di un edificio pagano in basilica cimiteriale cristiana,
realizzata alla fine del VII secolo d.C. per opera del vescovo Gregorio, che la intitolò ai santi Pietro
e Paolo
5
.
Alla fine del XIII secolo anche il tempio dorico sottostante la chiesa di probabile origine
bizantina
6
- di Santa Maria dei Greci, situato sulla collina di Girgenti, subisce alcuni trasformazioni
per essere utilizzata durante la dominazione araba come chiesa cristiana di culto greco. La chiesa,
costruita sul tempio in rovina, venne adattata alla nuova funzione con i materiali superstiti del tempio
stesso, secondo una consuetudine dal forte significato simbolico
7
.
Negli anni successivi, la struttura architettonica originaria ha subito notevoli interventi di restauro
e lavori di completamento di carattere ornamentale, che hanno determinato la sua trasformazione
in quella che è la sua conformazione attuale
8
.
Primo intervento di restauro. Periodo normanno-svevo-chiaramontano. 1087-1392.
Nell’anno 1086 Ruggero il Normanno conquista la città di Kerkent, rinominata Girgenti,
sottraendola dopo 259 anni al dominio arabo. Il sovrano organizza uno stato compatto e potente, il
cui simbolo è rappresentato dal Castello dell’Itria, realizzato dentro le mura della città. La cittadella
normanna aveva una superficie complessiva di 22 ettari e presentava un assetto viario sinuoso, con
strade strette e cieche
9
. In questi anni, le fortificazioni esistenti sono potenziate ed estese verso sud-
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4
Bosco, 1973: 22-32.
5
De Miro, 1994: 47. Mercurelli, 1948: 26-43.
6
Vicari, 2005: 4.
7
Zarbo, op. cit.: 245.
8
Revenga, 2012, 91-93
9
Di Giovanni, 1997: 3-9.
Fig. 1 Disegno di anonimo, Girgenti 1564 (Biblioteca
Angelica, Roma) tratto da Liliane Dufour,
Atlante storico della Sicilia, Edizioni A. Lombardi,
Palermo 1992
Rosanna Mag
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12
est racchiudendo al loro interno la Terra Nuova; il quartiere arabo del Rabato (Rabhad) manteneva
così una posizione periferica, contrapposta alla parte di città situata sulla collina - denominata Hisn
- dove furono edificati i più importanti civili e religiosi
10
.
Con il decreto del 1093, Ruggero nomina Gerlando di Besancon, suo cugino, a vescovo della città;
egli, tra il 1093 e il 1099, fece edificare sulla collina di Girgenti il primo impianto della nuova
cattedrale e l’Episcopio, e incominciò la ricostruzione del castello demolito dai musulmani
11
. Il
vescovo Gerlando, come riportato nel Libellus de successione pontificum Agrigenti
12
edificò nell’arco di sei
anni episcopium et curiam prope castellum per timore degli attacchi dei Saraceni e il 4 aprile del 1099
consacrò la Cattedrale, dedicandola a Santa Maria e all’apostolo Giacomo
13
. Durante i lavori di
costruzione, la preesistente chiesa di Santa Maria dei Greci viene utilizzata come cattedrale, e
pertanto fu considerata come “prima cattedrale di Agrigento”, già in uso quindi da cinque secoli e
sopravvissuta alla dominazione araba
14
. Nel primo periodo della dominazione normanna in Sicilia la
maggior parte delle chiese edificate sugli avanzi dei templi greci, ad eccezione della cattedrale di
Siracusa, subisce per lo più interventi di rifacimento di portali e soffitti, unitamente ad interventi di
manutenzione che certamente hanno garantito nel tempo la conservazione delle fabbriche originarie.
Anche Santa Maria dei Greci, probabilmente per opera del vescovo Gerlando, o dei successori,
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10
Il quartiere del Rabato (dall’arabo rabadh, sobborgo) si trova nell’estremità occidentale della Collina di Girgenti,.
Alcuni quartieri sorti extra moenia nel periodo normanno e federiciano, chiamati Rabati, vennero poi inclusi all’interno
delle fortificazioni nel XIII secolo, mentre il Rabato o Rabatello rimase all’esterno e fu densamente popolato sino alla
frana di Agrigento del 1966. Al suo interno, oltre alle grotte trogloditiche case scavate nella roccia in epoca protostorica
nella zona denominata “Balatizzo”- si trovano importanti edifici come il complesso di Santa Croce, la chiesa di Santa
Caterina e le Fabbriche del Carmine, del periodo chiaramontano. Miccichè, 2006: 30-33.
11
Di Franco, 2016: 19-20.
12
Si tratta di un codice pergamenaceo compilato tra il 1250 e il 1260 per volere del vescovo Raynaldo Acquaviva,
contenente una lista dei possedimenti della chiesa di Agrigento. Picone, 1866: 454.
13
Sardina, op. cit.: 31.
14
De Gregorio, 1996: 43.
Fig. 2 Particolare del portale dingresso della chiesa di
Santa Maria dei Greci. Nella foto a
destra è evidenziato con un tratteggio
in rosso l’arco preesistente (foto di R.
Magrì)
Fig. 3 Particolare del portale d’ingresso del
Monastero di Santo Spirito (foto di
R. Mag)
Gli interventi di restauro e di abbellimento della Chiesa di Santa María dei Graci
13
subisce alcune modifiche che presentano i caratteri stilistici propri dell’architettura del periodo
normanno-svevo. Con l’arrivo in città del re Federico II di Svezia nel 1232 si assiste ad un progressivo
cambiamento della fisionomia della società agrigentina e di conseguenza della sua struttura urbana.
Intorno al 1340 le famiglie nobiliari più influenti, come quella dei Chiaramonte, assumono un ruolo
di primo piano nella gestione dell’amministrazione cittadina. Per accentuare il proprio prestigio la
città è abbellita con ricchi palazzi e imponenti chiese e monasteri, realizzati dentro e fuori le mura,
secondo lo stile definito chiaramontano, contrassegnato da forme, elementi decorativi e geometrie
appariscenti, desunti dall’architettura gotica-catalana, con una connotazione del tutto “isolana”. In
tal senso, attraverso lo studio dei portali di ingresso degli edifici della Sicilia occidentale è stato
possibile definire i caratteri specifici dello stile e valutare le affinità e/o le differenze tra i diversi
esempi
15
. Il portale si configura infatti come un elemento architettonico di grande rilevanza nei
complessi medievali ed è caratterizzato dalla ripetizione di archi a sesto acuto sottolineati da eleganti
cornici in pietra squadrata e da esili colonnine che scendono dall’imposta degli archi verso il
pavimento. In particolare, nel caso dello stile chiaramontano, queste caratteristiche sono riscontrabili
negli ornamenti che accomunano gli edifici, molti dei quali furono commissionati dalla Marchisia
Prefolio
16
, che fece realizzare in città le maggiori architetture religiose, come il monastero di Santo
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
15
Inzerillo, 2004: 35-36.
16
La marchesa Rosalia Prefoglio, insieme al marito Federico I, furono esponenti della famiglia Chiaramonte di
grande importanza nella storia della città di Girgenti. Dal loro matrimonio nacquero i tre figli Manfredi, Giovanni I e
Federico II, che resero grandiosa la famiglia, diventando i principali promotori della rinascita culturale che coinvolse
molte città della Sicilia del XIV secolo. Le spoglie della marchesa si conservano nella cattedrale di Agrigento, dove i figli
fecero costruire un imponente sepolcro. Di Giovanni, op. cit.: 176-177.
Fig. 4 Particolare del soffitto ligneo della
chiesa di Santa Maria dei Greci a
sinistra e della cattedrale a destra
(foto di R. Magrì).
Rosanna Mag
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14
Spirito
17
e la chiesa e il convento di San Francesco d’Assisi
18
. Il portale di accesso alla chiesa di Santa
Maria dei Greci mostra evidenti analogie con i portali della chiesa madre di Naro e di Caltabellotta,
e del castello di Favara, risalenti al periodo chiaramontano. Realizzato in mattoni squadrati, con una
successione di archi di elegante fattura, spicca dalla muratura color ocra e si contraddistingue come
l’elemento più significativo del prospetto della chiesa. La compagine muraria mostra la presenza di
un preesistente arco a sesto acuto, con una curvatura di altezza maggiore, probabilmente risalente al
periodo bizantino, segnale di una prima trasformazione architettonica dell’edificio (Fig. 2).
L’interno della chiesa è stato più volte rimaneggiato. Il portale non risale al primo momento della
trasformazione, ma fu preceduto almeno da un altro più archiarcuato, il cui svolgimento è suggerito da
una linea che si coglie nei conci di riempimento precedente e nuovo”
19
.
Alcune affinità sono riscontrabili, inoltre, seppur in modo semplificato, tra il portale di Santa
Maria dei Greci e quello del refettorio della badia di Santo Spirito, in quanto entrambi presentano
cornici multiple intagliate a forte rilievo, fasce piane in pietra squadrata, proporzione delle forme e
una profonda strombatura su piani degradanti. La differenza tra i due portali sta nella presenza in
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
17
La Chiesa di Santo Spirito, nota come Badia Grande (Bataranni), insieme al monastero costituisce uno dei
monumenti più importanti di Agrigento. Le notizie storiche sulla sua fondazione sono molto lacunose: certa è la sua
presenza alla fine del 1300, quando la marchesa Prefoglio, dopo avere fondato il monastero delle Vergini di Santo Spirito,
la dona alla confraternita dei cistercensi. Sorto con probabilità sui resti dell’antico palazzo della famiglia Chiaramonte
poi costruito nuovamente sui luoghi dell’attuale Seminario Vescovile non mostra più i suoi caratteri originari, a seguito
dei numerosi interventi di restauro realizzati nel corso degli ultimi tre secoli. La chiesa e il monastero costituiscono un
unico comparto edilizio prospiciente la piazzetta delimitata da altre costruzioni. La facciata principale dell’edificio mostra
elementi riconducibili al periodo chiaramontano, come il portale e il rosone, mentre altri elementi, come la cella
campanaria, sono di epoca barocca. Di Giovanni, op. cit.: 236-238.
18
La chiesa di San Francesco fu costruita da Federico II, terzogenito della marchesa Prefoglio e completata nel 1307.
Addossati alla basilica, intitolata all’Immacolata, si trovano i resti del convento chiaramontano di San Francesco d’Assisi,
caratterizzato da un prezioso portale a sesto acuto affiancato da due bifore. La compresenza di elementi decorativi locali
con altri di matrice gotica appare in questo edificio ben proporzionata, definendo un insieme pregevole e di rara eleganza.
Inzerillo, op. cit.: 48.
19
Peri, 1962: 80.
Cinta muraria
Cattedrale di san Gerlando
Santa Maria dei Greci
Palazzo Pujades
Quartiere ebraico
CTR 2000 AGRIGENTO.indd 1 09/04/2019 23:28:32
Fig. 5 Planimetria del centro storico con l’individuazione
del quartiere ebraico (elaborazione grafica a
cura di R. Magrì).
Gli interventi di restauro e di abbellimento della Chiesa di Santa María dei Graci
15
Santo Spirito di una coppia di snelle colonnine, poste ai lati, sormontate da un piccolo capitello (Fig.
3).
Nel lungo arco temporale della dominazione normanno-svevo-angioina, la chiesa dunque
sostanzialmente subisce solo alcune parziali trasformazioni, una delle quali ha interessato tra l’altro
il soffitto ligneo a capriate dipinte, oggetto di interventi di manutenzione
20
(Fig. 4).
Secondo intervento di restauro. Periodo spagnolo. 1392-1720.
Con la fine dei Chiaromonte, Girgenti - acquisita al demanio regio dopo lo sbarco in Sicilia del
re Martino I d’Aragona avvenuto nel 1392 - rinnovò il proprio patriziato urbano, accogliendo al suo
interno nuove personalità fedeli alla corona, dotati dal re di proprietà, titoli e privilegi. Tra questi,
assunsero un ruolo di primo piano gli esponenti dell’antica comunità ebraica della città, la Aljama,
una delle più consistenti dell’isola durante la prima metà del Quattrocento. La sua affermazione è
favorita dall’avvento di nuove ondate migratorie e dalla protezione vicereale, la quale sostenne, in
particolare, la fortunata ascesa della nobile famiglia di origine spagnola dei Pujades. Il quartiere
ebraico di Girgenti - la Giudaica - ubicato fra la chiesa di san Domenico e quella di san Giacomo,
inizialmente, come il vicino Rabato, era collocato fuori le mura; in seguito, con l’ampliamento delle
fortificazioni, avvenuto nel corso del XIV secolo, venne inglobato nella città (Fig. 5). La comunità
svolgeva un’intensa e ricca attività commerciale, che coinvolgeva ogni aspetto della vita cittadina,
creando i presupposti per lo sviluppo di un’intensa attività edilizia. Sorgono, infatti, i più importanti
edifici e palazzi nobiliari, situati nella parte bassa della città, come il palazzo Montaperto, il palazzo
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
20
Vicari, op. cit.: 11.
Fig. 6 Confronto tra i portali di palazzo Pujades ad
Agrigento e di palazzo Abatellis a Palermo
(foto di R. Magrì).
Rosanna Mag
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16
De Marinis, la chiesa del SS. Salvatore e la principale istituzione della comunità ebraica - la sinagoga
- detta anche Meskita. All’interno del quartiere sorgeva il palazzo Pujades attuale Istituto Granata
-, i cui proprietari erano ricchi mercanti ebrei provenienti da Barcellona. I discendenti della famiglia,
Michele e Matteo Pujades, vissuti negli anni a cavallo tra il 1400 e il 1500, erano ben amalgamati
nell’ambiente nobiliare locale e si contraddistinsero per rilevanti iniziative nell’ambito cittadino. Il
ruolo dei Pujades, dunque, è di primo piano nella storia politica ed economica della città
quattrocentesca e il loro prestigio si manifesta attraverso la realizzazione di sontuosi palazzi destinati
alla propria dimora, ma anche con interventi rivolti alla comunità. Il palazzo nobiliare della famiglia
presentava affinità evidenti con il palazzo di Gaspare De Marinis, barone di Muxaro (oggi non più
esistente), attribuito al maestro Matteo Carnilivari
21
- con molta probabilità operativo ad Agrigento
antecedentemente al 1487 - situato “in contrada del Portulano”, zona compresa tra via Orfane,
vicolo Teatro, piano Barone e piazza Municipio, corrispondente alla parte bassa del quartiere Terra
Vecchia. Da un atto stilato nel 1605 dal notaio Bartuglia di Girgenti si apprende in primo luogo che
il palazzo De Marinis sia stato donato dai proprietari al Clero della cattedrale e in secondo che la sua
posizione sia stata prospiciente al Piano Barone, ossia nella parte bassa della Terra Vecchia. Si
deduce, inoltre, nel palazzo la presenza di un portale maggiore molto simile a quello del palazzo
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
21
Carnilivari Matteo, architetto nato a Noto (SR) nella prima metà del XV sec, considerato uno dei maggiori esponenti
del ‘400 siciliano. Dopo aver lavorato nella sua città natale e in altre localidella Sicilia, nel 1487 si trasferisce a Palermo,
a servizio del banchiere e mercante di origine pisana Guglielmo Aiutamicristo, per il quale esegue il restauro ed
ampliamento del castello chiaramontano di Misilmeri. Opera principale dell’architetto è da considerarsi il palazzo
Abatellis a Palermo, costruito con Nicolò Grisafi ed altri maestri intorno al 1491, in contemporanea con l’esecuzione
della grande dimora degli Aiutamicristo. È attribuito al Carnalivari anche la celebre chiesa della Catena a Palermo. La sua
produzione diventa, dunque, un unicum tale da caratterizzare l’architettura di molti centri della Sicilia, ponendosi tra il
nuovo stile di derivazione tardogotica, con chiare influenze di origine catalana, e la tradizione angioina e aragonese,
fortemente presente sul territorio. Sutera, 2006: 89-94.
sulla chiave di volta dell’arco del portale (foto di R. Mag).
Gli interventi di restauro e di abbellimento della Chiesa di Santa María dei Graci
17
Abatellis di Palermo
22
. Per il palazzo Pujades non si hanno notizie certe, ma alcuni riscontri ci
permettono di ipotizzare che l’architetto della fabbrica sia stato lo stesso Carnilivari
23
. Il palazzo,
ubicato anch’esso nella “contrada del Portulano”, secondo un documento del 1493, era “noviter
fabricatas per n. Matteum Pujades, eam contingentes parietem dicte Judaice, juxta fabricationem ipsarum domorum
per ipsum n. Matteum […]
24
, quindi all’interno del quartiere della Giudecca, adiacente alla Mesquita,
coerentemente al fatto che il ramo agrigentino dei Pujades sia stato di religione ebraica. Il palazzo
della famiglia, costruito nel 1492, mantiene la sua conformazione fino al 1878, quando divenne la
sede di un istituto religioso. L’arco a sesto ribassato policentrico del portale mostra tre cornici
sporgenti; la più esterna continua il suo andamento formando i piedritti dell’arco, mentre la seconda
si interrompe ad angolo retto poco al di sotto del piano di imposta dell’arco, per poi ricongiungersi
alla terza. Questa particolare conformazione di arco si riscontra in alcuni edifici eseguiti dal
Carnilivari - seppure con particolari di diversa tipologia - nella Sicilia occidentale, come il palazzo
Abatellis a Palermo (Fig. 6). Nelle sue forme, l’architetto realizza la sintesi tra il gotico-aragonese e
il primo rinascimento, proponendo un portale definito da cornici con andamenti rettilinei e sapienti
incroci, unico nel suo genere. La decorazione leggera, presente nei capitelli delle colonnine, si
contrappone al vigoroso cordolo che incornicia l’arco esterno del portale, sormontato da tre riquadri
in diagonale, uno dei quali al centro con lo stemma di famiglia
25
.
Tra i lavori di restauro eseguiti tra gli ultimi decenni del ‘400 e i primi decenni del ‘500, sotto il
patrocinio dei Pujades, si annoverano […] le opere di abbellimento che interessarono la chiesa di Santa Maria
dei Greci: il portale con lo stemma della famiglia, gli affreschi interni, il restauro del tetto ligneo dipinto di matrice
chiaramontana. La presenza dello stemma Pujades alla base dei due capitelli pensili nell’arcata d’ingresso, oltre che
di un terzo scudo di marmo inserito successivamente al culmine dell’ogiva, non lasciano dubbi sulla committenza del
portale, suggerendo l’ipotesi di estendere il patrocinio del casato anche alle opere pittoriche dell’interno
26
. Lo stesso
Illuminato Peri aveva attribuito con certezza ai Pujades il lavoro di ripristino strutturale del portale
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
22
Alajmo, 1962: 20.
23
Alajmo, op. cit.: 21-25. Sutera, 2006: 90.
24
Zalapì, 2007: 388-389.
25
Inzerillo, op. cit.: 75-76..
26
Zalapì , op. cit.: 387.
Fig. 8 Particolare della fascia decorativa orizzontale del
portale (foto di R. Magrì).
Rosanna Mag
!
18
della chiesa, proprio per la presenza sulla sommità del portale dello stemma di famiglia: […] I Pujades
vi posero lo stemma, togliendone (e l’operazione è pure evidente) un paio di conci al centro
27
(Fig. 7). Altro elemento
significativo è la fascia orizzontale che delimita la parte superiore del portale ai piedritti dell’arco,
ornata con modanature realizzate a motivi floreali, riscontrabile in molti portali eseguiti dal
Carnilivari e dalla sua scuola (Fig. 8). La famiglia Pujades scelse di patrocinare i lavori di abbellimento
proprio della chiesa di Santa Maria dei Greci per esaltarne il valore spirituale, essendo stata la prima
cattedrale di Girgenti, e di conseguenza acquisire prestigio nei confronti del clero. La chiesa, inoltre,
era in prossimità del palazzo padronale in quello stesso pianoro, dove si affacciavano i più importanti
edifici della città dell’epoca. Elemento di non secondaria importanza, è poi la conversione alla
religione cattolica di Gianmatteo Pujades identificabile con Matteo junior
28
- certificata da un atto
notarile del 1493, il quale manifesta con questo gesto di dedizione nei confronti della chiesa cattolica
l’effettivo cambiamento di fede. Molteplici sono i fattori che ci inducono ad attribuire i lavori di
abbellimento della chiesa di Santa Maria dei Greci a Matteo Carnilivari. In primo luogo è da citare
un contratto stilato nel 1499 dal fabricator Antioco de Cara, artista-scultore collaboratore del
maestro, con il quale egli si impegnava a recarsi in Agrigento per “laborare, facere, murare et intaglare
totam illam quantitatem maragmantis”, su richiesta di Matteo Pujades e per un imprecisato cantiere
29
. Inoltre, un
altro elemento che supporta la nostra ipotesi è il rapporto di amicizia tra Matteo Pujades e Francesco
Abatellis - entrambi portolani
30
uno in Agrigento e l’altro a Palermo -, per i quali il maestro netino
avrebbe eseguito sia il palazzo commissionato dalla nobile famiglia palermitana che il palazzo dei
Pujades. Tra i lavori di abbellimento” fu realizzato un nuovo sistema di copertura a capriate dipinte,
in sostituzione del preesistente. Le caratteristiche stilistiche ed architettoniche della copertura della
chiesa di Santa Maria dei Greci sono riconducibili per affinità al soffitto ligneo della cattedrale di san
Gerlando, realizzato nel XVI secolo dal vescovo Giuliano Cybo. Le varie fasi di costruzione della
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
27
Peri, op. cit.: 80.
28
Picone, op. cit.: 642, n.4.
29
Zalapì, op.cit.: 389. Di Fede, 2006: 69.
30
Il maestro portulano, figura esistente dal XII sec. fino al 1816, era una grande autorità del regno, che sovrintendeva
alle marine e ai porti autorizzati ad esportare i cereali (caricatori).
Fig. 9 Ciclo di affreschi dedicati alla Vergine
Maria sulla parete della navata
laterale destra (foto di R. Magrì).
Gli interventi di restauro e di abbellimento della Chiesa di Santa María dei Graci
19
basilica hanno creato una sovrapposizione di stili, evidente anche nel sistema della copertura.
L’impianto originario, risalente al periodo chiaramontano, è suddiviso in tre campate realizzate con
un soffitto cassettonato a lacunari dorati, la cui decorazione è stata attribuita ad un pittore di scuola
spagnola; le capriate lignee a vista sono state decorate con figure di santi tra il 1511 e il 1514 da
Masolino da Floregia da Girgenti. Negli ultimi anni del ‘500 Carlo V fece arricchire la campata
centrale con 48 cassettoni dorati, al centro dei quali spicca l’aquila dorata bicefala, stemma degli
Asburgo; l’ultimazione dei lavori, con i cassettoni a vista dei bracci laterali, venne realizzata nel 1663
dal vescovo Gisulfo
31
. La stessa tipologia costruttiva si riscontra nella copertura di Santa Maria dei
Greci realizzate a due falde cassettonate dipinte, sorrette da capriate decorate con immagini sacre e
motivi ornamentali attribuiti al pittore Innocenzo Mascarella, autore tra l’altro degli affreschi della
chiesa di San Nicola
32
.
Nella storia dei restauri dell’edificio si annovera la realizzazione del ciclo di affreschi posti
all’interno della chiesa sulla parete della navata destra, raffigurante le Storie dell’infanzia della Vergine
(1490-1510). L’opera, pur non essendo un intervento di restauro, è considerata un’opera di abbellimento
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31
La prima edificazione della Cattedrale risale al periodo normanno (1096-1102) in un luogo fortificato sulla collina
di Girgenti, tanto da essere denominata “ecclesia munita”, ossia luogo di culto e di difesa. Il fronte principale, preceduto
da un’ampia scalinata, è caratterizzato dalla chiesa e dall’imponente torre campanaria. Di notevole pregio architettonico
è il portale di epoca barocca e il soprastante rosone. L’interno è a tre navate suddiviso da due file di colonne a base
ottagonale e circolare, sormontate da archi a sesto acuto e a tutto sesto. Di Giovanni, op. cit.: 269-271.
32
Zalapì, op.cit.: 393 n.22.
Fig. 10 A sinistra particolare dell’affresco con
l’Albero di Jesse in basso e la Madonna in trono
con il Bambino e Angeli, a destra Presentazione
di Maria al Tempio (foto di R. Magrì).
Rosanna Mag
!
20
della chiesa (Fig. 9). Il ciclo è attribuito da alcuni studiosi allo stesso Mascarella, mentre per altri è
riferibile a un maestro anonimo siciliano di grande abilità, ma ancorato alle descrizioni pittoriche di
tipo tardomedievali, lontane dagli schemi prospettici rinascimentali. La struttura dell’affresco,
inserito in un incasso della parete, è suddivisa in scomparti all’interno dei quali si svolgono le scene
legate alla vita della Vergine Maria. I riferimenti alla cultura ebraica rappresentati nei riquadri portano
ad attribuire la commissione dell’opera alla stessa famiglia Pujades, come già detto, di origini giudee,
che aveva voluto fortemente legare il proprio nome a quello della piccola ma preziosa chiesa
cittadina. Il pittore mostra, infatti, di conoscere usi e costumi ebraici, riprodotti con dettagli
all’interno delle scene. La figura biblica di Jesse, padre della discendenza davidica, raffigurata nel
riquadro in basso intitolato l’Albero di Jesse, rappresenta l’origine dell’opera, poicdalle sue mani che
reggono una radice si dirama simbolicamente l’albero genealogico con gli antenati di Maria e di Gesù
Cristo. Nell’angolo in alto a destra sono rappresentate due figure una delle quali con una corona
regale che emergono dalle foglie dell’albero. L’affresco mostra al centro la Madonna in trono con il
Bambino e Angeli, mentre per i comparti laterali - non più esistenti - si possono ipotizzare altre scene
legate all’intero ciclo dedicato alle Storie; nei tre riquadri superiori, rimarcati dalla cornice a motivi
floreali, simile a quella presente sui soffitti lignei di palazzo Ajutamicristo, sono rappresentati altri
episodi - L’Angelo che annuncia a Gioacchino la nascita di Maria, la Presentazione di Maria al Tempio che
compongono la storia della vita di Maria (Fig. 10).
I riquadri andati perduti, probabilmente cinque, dovevano completare la narrazione descritta nei
vangeli apocrifi, comunemente conosciuti nel XIII secolo, con gli episodi dedicati all’Annunciazione,
alla Cacciata di Gioacchino dal Tempio e allo Sposalizio della Vergine
33
.
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33
Zalapì , op. cit. 386. Vicari, op. cit.: 14.
Fig. 11 Sarcofago in marmo, crocifisso ligneo e Madonna con
il Bambino (foto di R. Mag).
Gli interventi di restauro e di abbellimento della Chiesa di Santa María dei Graci
21
Nel 1570 la chiesa viene arricchita dalla collocazione di un monumento sepolcrale - situato in
fondo alla navata destra - decorato con tarsie marmoree, contenente le spoglie dei nobili palermitani
Isabella Termini e Bartolomeo Caputo o del loro figliolo. Il sarcofago, di elegante fattura, è
impreziosito da due statue raffiguranti angeli e da un bassorilievo dedicato alla Madonna dell’Itria,
patrona dei siciliani. Dello stesso periodo sono il crocifisso ligneo, posto sopra l’altare maggiore
all’interno dell’abside centrale - di autore ignoto - proveniente dalla Cattedrale, e la statua lignea della
Madonna con il Bambino (Fig. 11).
Terzo intervento di restauro. Periodo austriaco-borbonico. 1720-1860.
Dopo la guerra di successione spagnola nel 1713 il regno di Sicilia viene ceduto a Vittorio
Amedeo di Savoia, il quale, imponendo il pagamento di tasse elevatissime, rese particolarmente
difficile la situazione dell’isola. Nel 1720 gli Asburgo ricevono l’isola dai Savoia, in cambio della
Sardegna; l’Austria, sconfitta durante la guerra di successione polacca, nel 1734 si ritira prima da
Napoli e poi dalla Sicilia, che nel 1735 passa nelle mani di Carlo III di Borbone, divenuto re di
Sicilia
34
. Nel 1815 il congresso di Vienna riconosce a Ferdinando I di Borbone il titolo di re delle
Due Sicilie. Durante questo periodo si avvia nella città di Girgenti un processo di ampliamento e
rinnovamento, che vede la realizzazione di giardini, viali, ville e teatri. Nell’ambito di questa attività
si inseriscono alcune operazioni di carattere manutentivo, che interessarono vari edifici religiosi e
monumentali della città. Da un atto del notaio Pietro Buscemi conservato presso l’archivio Vescovile,
si apprende l’attuazione di un intervento conservativo della chiesa di Santa Maria dei Greci da parte
della Confraternita omonima, già presente nella chiesa sin dal 1343. La scheda dei lavori, stilata da
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34
Approfittando della guerra di successione polacca, nel 1734, Carlos, l'allora duca di Parma e futuro sovrano,
sconfisse gli austriaci con le truppe del padre, re Filippo V di Spagna, recuperò questi regni per la sua dinastia e fu
immediatamente riconosciuto per la Francia ai sensi del Primo patto familiare, nel 1737 per lo Stato Pontificio e poi per
il resto degli stati italiani. Si veda, Revenga Domínguez, 2011, pp. 499-503.
Fig. 11 Sarcofago in marmo, crocifisso ligneo e
Madonna con il Bambino (foto di R.
Magrì).
Rosanna Mag
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22
Giovanni Zirretta, direttore del Museo archeologico di Agrigento tra il 1927 e il 1960, descrive nel
dettaglio gli interventi eseguiti nel periodo:
Anno 1726
Copia di un documento in possesso del sac. Sanfilippo: - “Sotto il giorno 23 agosto 1726
(Pressi il Notaro P. Buscemi) – Lorenzo Contino murifabro con i rettoriori della
Contraternita di santa Maria dei Greci assumeva di eseguire alcuni lavori “Con la tratta
e maestria del sudetto Contino, alzare le fabriche della sudetta chiesa, di calce e quelle
parti che si richiedono secondo la d’arena in forma del disegno fatto dal fratello Simone
Mancuso della Congregazione dell’Oratorio, con fare il cappellone e le due cappelle
collaterali do N. Signora del SS. Crocifisso, suo figlio, della maniera del sudetto disegno
prescritto con fare le lanternine per dare luce alla sudetta chiesa sopra li cubulini delli
sudetto cappellone e cappelle, con fare parimenti cinque archi con li mezzi archetti e
suoi pilastri di pezzi e testette secondo la proporzione del sudetto disegno e con dover
finalmente imbiancare di fuori della sudetta Chiesa di calce e d’arena tutte le fabbriche
nuove che s’avranno da fare cose sopra e con levare uno delli due gradini (v. scalini) che
sono attualmente nella fuga delli pilastri della detta Chiesa dovendone solamente restare
uno proporzionato al su detto disegno, e questo tutto di rustico incominciado dal primo
di Ottobre p.v. dell’anno quinta indizione intrante 1726 e necessariamente continuare e
finire, quale servizio come sopra da farsi promette e si obbliga di pagare per onze 81 e
28 tari”
35
.
L’intervento fu dettato probabilmente da nuove esigenze stilistiche e venne affidato all’ architetto
Simone Mancuso, il quale progettò la copertura della zona presbiteriale con tre cupolette su base
ottagonale, sormontate da un lanternino e racchiuse da tiburio. La mancanza del disegno fa
ipotizzare l’intervento eseguito in questa occasione: certa è l’elevazione di setti murari, eretti
probabilmente per delimitare la zona absidale, e di tre cupole - con fare il cappellone e le due cappelle
collaterali. Egli esegue, inoltre, l’apertura di lanternine per illuminare la zona absidale, il rifacimento
degli intonaci esterni della chiesa e dei locali annessi, e la variazione degli scalini di accesso. La
collocazione di cinque archi con li mezzi archetti e suoi pilastri sembra essere riferita alle strutture per il
sostegno dei nuovi elementi. Nello stesso periodo, la Confraternita di Santa Maria dei Greci fa
realizzare una cripta funeraria per le sepolture dei confratelli; collocata nelle fondamenta della navata
centrale in un piccolo ambiente con volta a botte, presenta un sistema di sedute in pietra che
svolgevano la funzione di scolatoi (Fig. 12). Nell’ultimo restauro eseguito tra il 2002 e il 2004 è stato
posizionato una pavimentazione trasparente che ha reso visibile i locali sotterranei
36
.
Gli interventi successivi ai lavori del 1726 riguardano solamente alcuni ritrovamenti e campagne
di scavo mirate alla conoscenza di un edificio complesso e per molti aspetti misterioso, caduto
nell’oblio per troppo tempo. Il rinnovato interesse nei confronti della chiesa e del tempio si rivelò
dal 1752 quando lo storico Giuseppe Maria Pancrazi
37
rinvenne un tratto del muro del tempio dorico
che egli attribuisce a Giove Polieo. Successivamente, in una incisione del 1826, Raffaele Politi
38
ricostruisce le forme del lato est della chiesa, con uno schizzo prospettico che mostra una forma
molto diversa da quella attuale. Nella prima metà del secolo XIX la chiesa divenne oggetto di scavi
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35
Miccichè, op. cit.: 370.
36
Il Progetto di restauro statico e conservativo della chiesa e dei locali annessi sopra il tempio detto di Giove Polieo”, promosso dalla
Diocesi di Agrigento, hanno interessato la chiesa, la sacrestia e il caseggiato sul lato nord-est. E’ stata previsto il
consolidamento del cunicolo laterale del crepidoma del tempio. Nello stesso periodo è stata svolta una campagna di
scavi, che ha messo in luce le strutture del basamento del tempio.
37
Giuseppe Maria Pancrazi nella sua opera Antichità Siciliane spiegate (1751-1752) descrive in modo sistematico per la
prima volta le antichità agrigentine, soffermandosi in particolare sui templi della Valle, disegnati con grande maestria da
Salvatore Ettore.
38 Raffaele Politi, attivo ad Agrigento agli inizi del 1800, architetto e archeologo, si interessa agli scavi che hanno
interessato Agrigento elaborando materiale grafico e descrittivo.
Gli interventi di restauro e di abbellimento della Chiesa di Santa María dei Graci
23
e ricerche, i primi dei quali furono diretti da Domenico Lo Faso duca di Serradifalco
39
, che mise alla
luce “bastevoli avanzi” del tempio, consistenti in un lungo tratto dello stilobate settentrionale con sovrastanti i tronchi
dimezzati di 8 colonne […] e in pochi elementi della trabeazione e potè così determinarne la tipologia, misurare
diametri e intercolumni e larghezza complessiva, deducendone trattasi di un tempio esastilo periptero di lunghezza
ancora ignota[…]
40
. Ulteriori studi sull’edificio - compiuti intorno al 1887 da Giulio Schubring, che
per primo attribuisce il tempio ad Atena hanno definito nel dettaglio il tempio, con […] le sette
colonne con i tre gradini dello stilobate settentrionale rilevate dal Serradifalco […], a cui se ne aggiungono altre due
scavate più tardi ad occidente e la quarta colonna sul lato sud che si vede nella chiesa”. Enumera quindi gli altri
avanzi: “due pezzi della trabeazione, che giacciono nel vestibolo, un piccolo tratto del muro di cella nella chiesa, brevi
fondamenta del lato sud-est, alcune vestigia sul fronte occidentale [… ]”
41
.
Negli ultimi anni dell’Ottocento e nei primi del ‘900 si diede l’avvio agli importanti lavori di
restauro, che hanno trasformato il complesso architettonico nella forma attuale.
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39
Domenico Lo Faso duca di Serradifalco presiede nel 1827 la Commissione di antichità e belle arti con giurisdizione
in Sicilia.
40
Vicari N., 1998: 21.
41
Vicari N., op. cit.: 24-25.
Fig. 12. La cripta funeraria di epoca settecentesca (da Vicari
N., La chiesa di S. Maria dei Greci ad Agrigento, le sue
trasformazioni e gli ultimi restauri, Palermo, 2005).
Rosanna Mag
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24
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Arch. Stella Casiello, tutor Prof. Arch. Franco Tomaselli, Università degli Studi di Napoli Federico
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