Ucoarte. Revista de Teoría e Historia del Arte, 10, 2021, pp. 212-229, ISSN: 2255-1905
RENATO GUTTUSO E LA SICILIA.
PER UN MUSEO DIFFUSO DEL MAESTRO DI BAGHERIA
CRISTINA COSTANZO
Università degli Studi di Palermo
Fecha de recepción: 06/09/2021
Fecha de aceptación: 12/11/2021
Abstract
Il contributo propone un approfondimento sulla figura di Renato Guttuso, artista
siciliano che occupa un posto di rilievo nel panorama della pittura europea del XX
secolo, attraverso la disamina delle sue opere presenti in Sicilia, svolta alla luce dei più
aggiornati studi sul legame dell’artista con la sua terra d’origine. Oltre al Museo Guttuso,
fondato a Bagheria grazie a un lascito dell’artista, e al Complesso Monumentale dello
Steri di Palermo, dove recentemente il suo capolavoro internazionalmente noto La
Vucciria è stato oggetto di un nuovo allestimento, si contano numerose sul territorio
siciliano le testimonianze della sua ricerca multiforme, grazie alla presenza di diverse
realtà istituzionali che ne custodiscono le opere provando l’intensa attività e gli interessi
trasversali di Guttuso lungo itinerari meritevoli di maggiore attenzione.
Parole chiave
Renato Guttuso; Arte contemporanea; Musei; Pittura europea; Arti Decorative; Arte del
XX secolo.
RENATO GUTTUSO AND SICILY. FOR A WIDESPREAD MUSEUM
OF THE MASTER OF BAGHERIA.
Abstract
The article offers an in-depth study of Renato Guttuso, a Sicilian artist who has a
prominent role in the European painting scene of the Twentieth Century. This essay
analyses his work in Sicily and most recent studies offering new stimuli for a reflection
on the artists link with his homeland. There are numerous testimonies of his work in
the area in addition to the Guttuso Museum, founded in Bagheria thanks to a donation
from the artist, and the Steri Monumental Complex, where recently his internationally
known masterpiece La Vucciria has been the subject of a new exhibition. Different
institutions host examples of his multiform work proving Guttuso’s intense activity and
transversal interests along itineraries worthy of greater attention.
Keywords
Renato Guttuso; Contemporay Art; Museums; European Painting; Decorative Arts; 20th
Century Art.
Renato Guttoso e la Sicilia
213
Renato Guttuso e la Sicilia. Per un museo diffuso del maestro di Bagheria
La Sicilia, la terra della nascita e del lutto, dei sogni e delle visioni che continuamente la
rievocano, la Sicilia chiama Guttuso. Lo chiama con i suoi mostri […] con i suoi aranceti […] la
Sicilia chiama, grembo materno ridondante e fragoroso, con gli scrosci e le ricchezze
dell’indimenticabile Vucciria, dove i colori tornano, improvvisamente, a cantare a squarciagola.
Maurizio Calvesi, 1985
Premessa
I più aggiornati affondi sull’attività di Renato Guttuso, esponente autorevole dell’arte
europea del Novecento si offrono come spunto per una riflessione sulla sua relazione con la
Sicilia, terra che gli ha dato i natali e l’ha continuamente ispirato. Questo aspetto della sua
poetica costituisce un tema di grande fascino negli studi sull’artista ed è già stato oggetto della
lettura di critici autorevoli, tra cui Maurizio Calvesi e Cesare Brandi
1
. La riscoperta della prima
incursione di Guttuso nell’arte sacra per la Chiesa di Maria Santissima Addolorata ad Aspra,
da leggere in continuità con altre prove più mature, e il nuovo allestimento de La Vucciria,
presentato recentemente presso il Complesso Monumentale dello Steri di Palermo, sede
dell’Ateneo palermitano, in particolare, offrono l’occasione per ripercorrere alcune delle sue
tappe salienti in Sicilia. La nostra ricognizione prende dunque in esame il cospicuo numero
di opere del pittore di Bagheria presenti in Sicilia, particolarmente interessanti perché
abbracciano un vasto arco cronologico e testimoniano altresì una creatività multiforme,
espressasi non solo nel campo della pittura ma anche negli ambiti della scenografia,
dell’illustrazione e della decorazione.
A tal fine è opportuno ricordare la centralità del saggio di Franco Grasso Gli anni siciliani
di Guttuso per il catalogo della mostra tenutasi nel 1971 al Palazzo dei Normanni di Palermo
ma anche il pensiero di Cesare Brandi sul rischio di un troppo semplicistico appiattimento
della sua sicilianità sul folclore: «La sicilianità di Guttuso non è folclore. Ma è quella
consonanza segreta che lega alla madre, il fluido che monta da terra e per le vene risale il
corpo, lo irrora come un altro sangue»
2
. Già nel 2015, del resto, un validissimo progetto
curato da Fabio Carapezza Guttuso e Dora Favatella Lo Cascio ha intrapreso una lettura
connettiva fra i diversi Itinerari Guttusiani, al fine di valorizzare il percorso dell’artista, come
oggi auspicabilmente contribuirà a fare il nuovo allestimento de La Vucciria.
Opere di Guttuso in Sicilia
Nonostante il suo dialogo ininterrotto con la Sicilia, Guttuso rientra nel novero di autori
che lasciano in giovane età l’isola per cercare fortuna nei centri italiani più all’avanguardia,
come Milano e Roma, dove milita nelle fronde del Realismo, proprio negli anni in cui altri
siciliani di straordinario talento - Carla Accardi, Antonio Sanfilippo e Pietro Consagra - si
definivano “marxisti e formalisti”, dando vita a un’originale declinazione italiana
dell’astrazione con il gruppo Forma 1. Prima di lasciare la Sicilia spinto da un precoce
desiderio di rinnovamento delle arti, Guttuso si muove tra Bagheria e Palermo, dove ha modo
Sentiti ringraziamenti vanno alla Dottoressa Dora Favatella Lo Cascio, alla Professoressa Maria
Concetta Di Natale e al Professore Marco Carapezza. Si ringraziano anche l’Archivio Guttuso, il Museo
Guttuso, la Fondazione Sicilia, la Galleria d’Arte Moderna “Empedocle Restivo” di Palermo, il Museo
Internazionale delle Marionette Antonio Pasqualino e la Fondazione Orestiadi.
1
Nell’ampia bibliografia sull’artista, tra scritti, dizionari, cataloghi di mostre e monografie, ci limitiamo
a segnalare Crispolti, 1983-1989. Sulla sicilianità di Guttuso, a partire dalla mostra La Sicilia nella pittura
di Guttuso, tenutasi nel 1962 a Bagheria in occasione dei cinquant’anni dell’artista, si vedano almeno
AA.VV., 1971; Calvesi, 1985; Tedesco, 2000. È fondamentale l’attività svolta dagli Archivi Guttuso,
presieduti da Fabio Carapezza Guttuso e costantemente impegnati nella tutela dell’opera dell’artista, si veda
https://www.guttuso.com.
2
Si consultino Brandi, 1983; Carapezza Guttuso, 2006.
Cristina Costanzo
214
di apprezzare larte e la tradizione decorativa del secolo precedente, da Antonino Leto a
Emilio Murdolo, e di individuare nel Futurismo di Pippo Rizzo, prima, e nel suo
Novecentismo, dopo, una via d’uscita da confini eccessivamente periferici.
Si inserisce a pieno titolo nell’esordio di Guttuso l’esperienza di Aspra, che nel 2009 è
stata efficacemente stigmatizzata per la sua fortuna controversa dal film Baarìa, in cui il regista
Giuseppe Tornatore coglie con ironia la cacciata del pittore dalla chiesa, ma anche il suo
legame viscerale con la città
3
. Tra il 1929 e il 1930 Guttuso, che a soli diciotto anni si è distinto
per le sue doti artistiche, riceve l’incarico di decorare la Chiesa di Maria Santissima Addolorata
nella borgata marinara poco distante
dal centro di Bagheria, dove era nato
nel 1911 (fig. 1, fig. 2). In pochi mesi,
insieme allo scultore Giuseppe
Pellitteri, l’artista esegue le scene di
Gesù nell’orto e L’incontro della Madonna
con Gesù durante la Via Crucis (sulle
pareti) e della Pentecoste con la Colomba
dello spirito Santo e i dodici apostoli attorno
alla Madonna e Due Angeli con tromba
(sulla volta) ma in breve tempo le
opere, a eccezione delle figure degli
Angeli e dello Spirito Santo, vengono
coperte dal Cardinale Luigi Lavitrano,
Arcivescovo di Palermo, a causa della
loro presunta estraneità alla tradizione
iconografica e della loro marcata
adesione alla realtà. Per la Madonna e
gli Angeli, infatti, Guttuso si ispira alle
concittadine Orietta e Topazia Alliata
di Salaparuta, esponenti di una delle
più importanti famiglie dell’aris-
tocrazia siciliana, mentre si rivolge ai
pescatori di Aspra per i modelli degli
apostoli che, per questa ragione,
ricevono l’accusa di distrarre i fedeli
3
Per lo stretto rapporto tra Guttuso e Bagheria si vedano Scianna, 2002; Tornatore, 2009.
Fig. 1. Renato Guttuso, Pentecoste con la Colomba dello spirito Santo e i dodici apostoli attorno alla
Madonna, 1929-1930, tempera e caseina su muro, Chiesa di Maria Santissima
Addolorata, Aspra. Courtesy Guttuso By Siae.
Fig. 2. Renato Guttuso, L’incontro della Madonna con
Gesù durante la Via Crucis, 1929-1930, tempera
e caseina su muro, Chiesa di Maria Santissima
Addolorata, Aspra. Courtesy Guttuso By Siae.
Renato Guttoso e la Sicilia
215
dalla preghiera
4
. Grazie a un lento processo di sensibilizzazione dell’opinione pubblica l’opera
è stata nuovamente resa fruibile nel 1991 e oggi dichiara, nonostante l’ingenuità della
composizione, una vena antiaccademica particolarmente interessante in virtù della scelta di
aprire il linguaggio realista del secolo precedente alle più aggiornate istanze figurative, senza
dimenticare i maestri dell’arte moderna come Antonello da Messina e Caravaggio.
Guttuso, quindi, trascorre la propria adolescenza ad Aspra e Bagheria, dove guarda alla
pittura di paesaggio di Francesco Lojacono e alla letteratura di Giovanni Verga, come
testimoniato dai diari e dalle tavolette di derivazione ottocentesca Pescatori del 1924-1925 e
Aspra del 1927, entrambe al Museo Guttuso di Bagheria. Le soluzioni iconografiche dei
pescatori trovano un precedente diretto nei dipinti di Antonino Leto per il connubio tra la
lettura del dato naturale e l’adesione al mondo del lavoro, temi sempre cari al nostro artista
5
.
Fra le opere di Leto sono emblematiche La sciavica del 1887 circa, di ubicazione ignota, che
rende «con spietata verità la bruttezza dei pescatori arsi di sole che tirano le reti inclinando i
loro corpi nella fatica»
6
, ma anche La pesca del tonno (La Mattanza a Favignana) del 1881-1887,
alla Fondazione Sicilia di Palermo, una sorta di testo figurativo del coevo romanzo di
Giovanni Verga I Malavoglia, la cui influenza su Guttuso è ampiamente documentata
7
. Il
rimando ai temi verghiani consente di evocare un’ulteriore esperienza pregnante e cioè quella
di Onofrio Tomaselli, anch’egli di Bagheria, autore della tela monumentale del 1905 circa I
Carusi, alla Galleria d’Arte Moderna “Empedocle Restivo” di Palermo, dinanzi alla quale
Guttuso esclama: «Io sono partito da qui»
8
. Questa denuncia delle feroci condizioni lavorative
giovanili nelle miniere di zolfo influisce notevolmente sull’impegno ideologico che Guttuso
esprime nelle principali tematiche di stampo sociale della sua pittura affidate a dipinti come
La zolfara del 1953, al Museo Mario Rimoldi di Cortina d’Ampezzo
9
.
La figura chiave nella formazione di Guttuso è quella del padre Gioacchino Guttuso
Fasulo, agrimensore, intellettuale dalle idee liberali, esponente della più aggiornata borghesia
progressista e appassionato d’arte e di cinema, che il figlio ha effigiato in intensi dipinti come
Ritratto del padre, il cavalier Gioacchino Guttuso Fasulo del 1930 e Gioacchino Guttuso agrimensore del
1966, oggi al Museo Guttuso di Bagheria. Negli stessi anni l’artista frequenta assiduamente
Emilio Murdolo, decoratore di carretti, e Domenico Quattrociocchi, epigono di Francesco
Lojacono. A partire dal 1927 Guttuso è a Palermo, dove si iscrive al Liceo Classico e
condivide con Pippo Rizzo, punto di riferimento per le nuove generazioni di artisti, lurgenza
di aggiornare la cultura dominante
10
. Non sono poche le affinità tra i loro repertori linguistici
sia sul piano delle suggestioni futuriste presenti nelle opere giovanili di Guttuso La velocità
(auto in corsa) del 1925 e Riflessi di luce (danza futurista) del 1927, di collezione privata, sia sul
fronte della decorazione del carretto ricorrente sia in Guttuso - basti pensare a Battaglia di
Ponte dell’Ammiraglio, di cui esistono due versioni realizzate tra il 1951 e il 1955 alla Galleria
degli Uffizi di Firenze e alla Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma,
e al Pittore di carretti del 1966, di collezione privata - sia nei paladini di Rizzo, per cui ci
limitiamo a menzionare la tavoletta degli anni Cinquanta Il sogno del carabiniere, rintracciata da
chi scrive in collezione privata
11
.
È Rizzo, inoltre, ad avviare Guttuso a un’intensa attività espositiva, selezionandolo per la
II Mostra d’Arte del Sindacato Siciliano Fascista di Belle Arti del 1929, e critica, invitandolo
4
Si veda Costanzo, 2021. Per il rapporto dell’artista con la Chiesa e la fede si rimanda a Valenziano,
2013; Carapezza Guttuso/Valenziano, 2016; Chenis, 2021.
5
Martorelli/Purpura, 2018; Costanzo, 2018.
6
Accascina 1939: 8.
7
«Il fascino dei Malavoglia cresceva dentro di me. Mi accadeva di ritrovarlo tra i pescatori dell’Aspra,
con i quali spesso mi accompagnavo. A diciotto anni dipinsi nell’abside della chiesetta dell’Aspra una
Pentecoste. Gli apostoli furono i miei amici pescatori e la Madonna una “sant’Agata”». Carapezza 2013:
1604. Per le opere della Fondazione Sicilia si rimanda a Mazzocca, 2015.
8
Viscuso/Favatella Lo Cascio, 1987: 34.
9
Sull’eredità transmediale di Verga nelle arti si rimanda a Costanzo, 2020b.
10
Gueci/Troisi, 2018.
11
Carapezza Guttuso/Favatella Lo Cascio, 2015b; Costanzo, 2020a.
Cristina Costanzo
216
lo stesso anno a scrivere nel numero unico Arte Futurista Italiana 1909-1929. Occorre infatti
ricordare che la figura, complessa e sfaccettata, di Guttuso si è posta all’attenzione
internazionale non soltanto per la sua ricerca artistica ma anche per lintensa attività di critico
militante, affidata a numerosissimi scritti, recensioni e interviste
12
. Anche sul fronte delle
esposizioni e della produzione critica, dunque, l’attività di Guttuso si intensifica negli anni
successivi allintervento per la chiesa di Aspra e, anzi, non e da escludere che sia proprio lo
sfortunato episodio censorio a spingerlo verso una più profonda riflessione sulla propria
ricerca se per l’artista, come scrive Fabio Carapezza Guttuso, «non c’è altra soluzione che
allontanarsi da questo luogo, bello e maledetto, per riuscire a diventare un “siciliano senza
folclore”»
13
.
Poco distante da Aspra si trova, oggi, il Museo Renato Guttuso, con sede nella
settecentesca Villa Cattolica di Bagheria, che fra le tappe siciliane merita particolare
attenzione in quanto rappresenta la massima espressione del legame che unisce il pittore alla
sua città natale, accogliendo anche l’arca monumentale realizzata da Giacomo Manzù come
monumento funebre. Nel 1973 la fondazione del Museo Guttuso è stata resa possibile grazie
a una generosa donazione dell’artista che includeva, con particolare riguardo per gli anni
siciliani, un cospicuo nucleo di opere tra dipinti, disegni e incisioni, cui si sono aggiunti i
lavori di autori come Onofrio Tomaselli, Domenico Quattrociocchi, Pippo Rizzo, Mario
Schifano e Franco Angeli, solo per citarne alcuni
14
. Questa realtà museale, che agisce in
sinergia con gli Archivi Guttuso e altre istituzioni di alto profilo, si rivela particolarmente
interessante anche per la capacità di proporre un dialogo tra le proprie collezioni e il
complesso architettonico che si inserisce in quel sistema di ville che caratterizza la città in un
felice connubio tra antico e contemporaneo
15
. Questo rappresenta un osservatorio
privilegiato sulle opere di Guttuso e spicca anche per le iniziative promosse, volte ad
approfondire la statura culturale e il portato della ricerca dell’artista
16
. È il caso della mostra
Renato Guttuso. La potenza dell’immagine 1967-1987 del 2015, con cui si chiude il ciclo espositivo
di straordinaria importanza che ha promosso Renato Guttuso dagli esordi al Gott mit Uns 1924-
1944 del 1987, a cura di Maurizio Calvesi e Dora Favatella Lo Cascio, e Renato Guttuso. Dal
Fronte Nuovo all’Autobiografia del 2003, a cura di Fabio Carapezza Guttuso e Dora Favatella
Lo Cascio. Al successo delle iniziative del Museo Guttuso si è aggiunto quello delle mostre
promosse da altre istituzioni o in sinergia con collezionisti privati, tra cui La forza delle cose,
curata da Fabio Carapezza Guttuso e Susanna Zatti e realizzata dalla Fondazione Sicilia in
collaborazione con i Musei Civici di Pavia e gli Archivi Guttuso e Io, Renato Guttuso, curata
da Giuliana Fiori nel 2020 presso il Museo Civico di Noto
17
.
Tornando al periodo in cui Guttuso si divide tra la Sicilia e il resto del paese, gli anni
Trenta lo vedono a Roma per lunghi soggiorni, grazie ai quali entra in contatto con la
cosiddetta Scuola romana di Mario Mafai e Scipione. Risale agli stessi l’avvio di una vivace
attività espositiva recepita con largo consenso dalla stampa nazionale e riconosciuta dalla
presenza alla Quadriennale di Roma nel 1931 e alla galleria milanese Il Milione l’anno
successivo. Nel 1933 fonda il Gruppo dei Quattro con Giovanni Barbera, Nino Franchina e
Lia Pasqualino Noto. Come scrive Augusta Monferini in occasione della mostra svoltasi sotto
la magistrale guida di Maurizio Calvesi: «sembra che egli rifletta a posteriori su una pittura
sgorgata di getto dal cuore in tumulto. L’esigenza dell’autenticità già prefigura la sua poetica
12
Sul ruolo delle immagini di Guttuso e sullo scambio fertile con diversi artisti (da Andy Warhol a
Mario Schifano, da Jöerg Immendorff a Mario Ceroli, da Pablo Picasso a Franco Angeli) si veda Carapezza
Guttuso, 2007: 23-36.
13
Favatella Lo Cascio, 2003: 122.
14
Sul Museo Guttuso si vedano Calvesi/Favatella Lo Cascio, 1991; Favatella Lo Cascio, 2003.
15
Bellafiore, 1956; Lanza Tomasi, 1966; De Simone, 1974; Girgenti, 1985.
16
Calvesi/Favatella Lo Cascio, 1987; Carapezza Guttuso/Favatella Lo Cascio, 2003.
17
Carapezza Guttuso/Zatti, 2016.
Renato Guttoso e la Sicilia
217
del realismo, e quella perfetta sovrapposizione di pittura e impegno sociale, che per il resto
della sua vita costituiranno un’unità inscindibile»
18
.
Resta traccia dell’esperienza “secessionista” e antiretorica dei Quattro nell’Autoritratto (fig.
3) del 1936 alla Galleria d’Arte Moderna “Empedocle Restivo” di Palermo, un’intensa
rappresentazione nella tradizionale posa del malinconico
19
. Lo stesso museo custodisce anche
il più tardo Nudo (fig. 4), realizzato negli anni Sessanta, raffigurante una donna di schiena che
legge un giornale, dato dall’inserimento del papier collé in omaggio allo sperimentalismo di
Pablo Picasso
20
. Entrambi i dipinti, nella loro distanza cronologica, sono esemplari di una
produzione composita, dedita alla rappresentazione della figura in ritratti e autoritratti ma
anche alla raffigurazione di paesaggi, nudi e nature morte
21
.
Il contributo di Guttuso al rinnovamento dell’arte italiana si esprime attraverso numerose
esperienze decisive come l’adesione al gruppo milanese Corrente nel 1938 e al Fronte Nuovo
delle Arti nel 1947, con Birolli, Corpora, Fazzini, Leoncillo, Morlotti, Pizzinato, Santomaso,
Turcato, Vedova, Viani. Lasciata definitivamente la Sicilia nel 1937, quando si trasferisce a
Roma facendo del proprio studio in piazza Melozzo da Forlì - successivamente con sede in
via Pompeo Magno e poi a Palazzo del Grillo (che oggi ospita gli Archivi Guttuso) - il punto
di incontro per artisti e intellettuali, Guttuso realizza opere di grande spessore come
Fucilazione in campagna del 1937, oggi alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e
Contemporanea di Roma, ispirata alla morte di Federico García Lorca e con cui si inaugura
18
Calvesi, 1985: 27.
19
Troisi, 1996; Troisi, 1999. Per le opere della Galleria d’Arte Moderna “Empedocle Restivo” di
Palermo si consulti Mazzocca/Barbera/Purpura, 2007.
20
Sul fertile rapporto con Pablo Picasso si segnala Dagen, 2007. Da menzionare almeno il ciclo di
Guttuso datato 1973 Omaggio a Picasso, che include Banchetto funebre con Picasso (Convivio), al Ludwig
Forum für Internationale Kunst di Aachen, con figure emblematiche dello straordinario percorso del
maestro spagnolo per commemorarne la scomparsa, e la Piccola testa con dedica del 1965, donata
dall’artista spagnolo a Guttuso.
21
Carapezza Guttuso/Favatella Lo Cascio, 2015c.
Fig. 3. Renato Guttuso, Autoritratto, 1936,
olio su tela, 49x60,5 cm, Galleria
d’Arte Moderna “Empedocle
Restivo”, Palermo. Da: Mazzocca,
F./Barbera, G., Purpura A. (eds.)
(2007), Galleria d’Arte Moderna di
Palermo. Catalogo delle opere. Cinisello
Balsamo: Silvana Editoriale.
Fig. 4. Renato Guttuso, , 1960 circa, china,
acquerello, collage su carta, 69,5x99 cm,
Galleria d’Arte Moderna “Empledocle
Restivo”, Palermo. Courtesy Galleria d’Arte
Moderna di Palermo. Da: Mazzocca,
F./Barbera, G., Purpura A. (eds.) (2007),
Galleria d’Arte Moderna di Palermo. Catalogo delle
opere. Cinisello Balsamo: Silvana Editoriale.
Cristina Costanzo
218
il filone dedicato alle lotte civili
22
. In questi anni si fa infatti sempre più presente la sua attività
di osservatore aggiornato sul suo tempo, in qualità di autore di numerosi contributi dedicati
all’arte moderna europea e alle avanguardie storiche, con particolare attenzione a Pablo
Picasso e al post-cubismo. Importante anche l’impegno politico e sociale con l’adesione al
Partito Comunista Italiano nel 1940, con cui è eletto Senatore nel 1976 e nel 1979,
riconosciuto anche dal conferimento del Premio Lenin per la Pace nel 1972.
Sono di questi anni le sue prove meritevoli di rientrare tra le opere più significative del
Novecento italiano come Crocifissione del 1940-1941, oggi alla Galleria Nazionale d’Arte
Moderna e Contemporanea di Roma, ma censurata al Premio Bergamo del 1942 perché
contraria all’iconografia tradizionale nella scelta di raffigurare il viso di Cristo coperto dalla
croce di uno dei due ladroni, e Gott mit Uns, ciclo di disegni dedicati alla lotta partigiana e alla
Resistenza antifascista come esperienza diretta dell’artista, pubblicati nel 1944
23
.
Anche se Guttuso è lontano dalla Sicilia, la sua terra d’origine è protagonista di opere di
spiccato interesse sociale come Occupazione delle terre incolte in Sicilia del 1949-1950, presso la
Stiftung Archiv der Akademie der Künste di Berlino, e la già citata Battaglia di Ponte
dell’Ammiraglio, dedicata alla tappa palermitana dell’epopea garibaldina. Negli anni
dell’antifascismo e della Resistenza la disposizione verista dei primordi, affidata a pescatori e
braccianti, muta in una sempre più convinta adesione alle istanze politiche e sociali delle lotte
contadine del dopoguerra, con la sua «umanità tutta siciliana»
24
citando Werner Haftman.
Sono purtroppo esigue in Sicilia le
testimonianze della produzione
guttusiana degli anni Quaranta e
Cinquanta, fatta eccezione per i ritratti
del Museo Guttuso e i dipinti nella sede
di Villa Zito della Fondazione Sicilia di
Palermo, fra cui si segnalano per qualità i
dieci pannelli di quasi otto metri
commissionati dal Banco di Sicilia per la
Fiera Internazionale di Roma intitolati
Campagna siciliana (fig. 5) del 1951, che
affrontano il tema del lavoro offrendosi
al confronto con il più noto e già
menzionato dipinto Occupazione delle terre
incolte in Sicilia, e la natura morta
Damigiana e bottacino (fig. 6) del 1959,
genere frequentemente indagato
dall’artista con vigore cromatico-
espressivo.
22
Si concentra su questi aspetti della sua produzione Castagnoli/Christov Bakargiev/Volpato, 2018.
23
Si veda Perin, 2020.
24
Haftmann, 2005: 8.
Fig. 6. Renato Guttuso, Damigiana e bottacino (Natura
morta nordica), 1959, olio su tela, 110,2x140,2
cm. Proprietà della Fondazione Sicilia.
Renato Guttoso e la Sicilia
219
Fig. 7. Renato Guttuso, Vetrata, 1966 circa, vetro policromo, 370x640 cm, ex
Banca Commerciale Italiana, Palermo. Ph. Enzo Brai - Pubblifoto.
Nella invece copiosa presenza di opere realizzate
dagli anni Sessanta in poi, è particolarmente
interessante l’intervento che intorno al 1966
Guttuso realizza, su invito dello studio milanese
BBPR, nella sede della Banca Commerciale Italiana
di via Mariano Stabile a Palermo
25
. Per rinsaldare il
legame della sede bancaria con il territorio l’artista
adotta temi iconografici siciliani per i punti nodali
degli spazi di rappresentanza, ancora oggi accessibili
nell’attuale filiale Intesa San Paolo. Grazie al suo
genius loci, la sede della banca acquisisce una spiccata
identità accogliendo una vera e propria imagerie
siciliana, ma al contempo collettiva, che abbraccia il
tema del lavoro e amplifica il senso dell’intero
progetto. Per il grande fondale della sala del
pubblico Guttuso realizza, in collaborazione con la
“Esecuzione Baruzzi Arte Decorativa Milanese”,
una vetrata policroma con un gruppo di pescatori
tra due porzioni di terraferma e alti tralicci allusivi al
progresso e alla modernizzazione (fig. 7)
26
. Si tratta
di topoi di immediata lettura, la costa tra Messina e la
Calabria è un elemento non secondario nella poe
tica di Guttuso, e come notato in precedenza,
l’omaggio alla pesca deriva dai temi iconografici
della pittura meridionale del XIX secolo,
pienamente interiorizzati dall’artista a cavallo tra gli
anni Venti e Trenta e indagati con originalità in
opere successive come la Pesca del pescespada del 1949
e il Ciclo di Scilla del 1949-1951, di collezione privata.
Il secondo snodo dell’intervento nell’istituto
bancario palermitano è affidato allo scalone d’onore
25
Si veda Barbera/Irace, 2014.
26
Per gli aspetti tecnici e le questioni legate al rapporto tra artista e artigiani in risposta alle istanze del
contemporaneo si veda Costanzo, 2019.
Fig. 8. Renato Guttuso, Scalone, 1966 circa,
ceramica, terracotta invetriata e foglia
d’oro, 20,40x5,15 m, ex Banca
Commerciale Italiana, Palermo. Ph.
Enzo Brai - Pubblifoto.
Cristina Costanzo
220
in ceramica (fig. 8), realizzato in collaborazione con Nino Caruso, la cui decorazione parietale
accoglie uno scenario paesaggistico tipico della pittura siciliana, che va da Leto a Guttuso: il
vulcano che sovrasta il mare ergendosi al di sopra di una folta vegetazione di aranceti e alberi
di fichidindia come prorompente espressione della forza della natura27.
Questi motivi iconografici - la natura siciliana rigogliosa e la presenza simbolica dell’Etna
- fungono inoltre da leitmotiv nella nostra rifle ssione circa un possibile viaggio fra le opere
siciliane di Guttuso. Muovendo dallo sfortunato intervento di Aspra e dalle prove coeve
confluite nel museo di Bagheria, è possibile percorrere un itinerario palermitano di Guttuso
- in cui dialogano esperienze solo apparentemente distanti che vanno dalla Galleria d’Arte
Moderna all’ex Banca Commerciale Italiana e includono La Vucciria, da annoverare tra i suoi
capolavori - ed estendere la nostra disamina alle opere del Museo Internazionale delle
Marionette Antonio Pasqualino e della Fondazione Sicilia28.
Nel museo che raccoglie una straordinaria quantità di marionette, pupi e burattini
provenienti da diverse aree geografiche, quel vivace congiungersi intrecciato di elementi
naturali, tipicamente guttusiano, assume dimensioni ambientali nelle scenografie per lo
spettacolo di Roberto Andò Foresta-radice-labirinto del 1987, in cui la tradizione accoglie alcune
delle maggiori esperienze della letteratura, della musica e dell’arte contemporanea italiane.
Fig. 9. Renato Guttuso, Foresta Radice Labirinto, 1978, cartapesta, acrilico,
stoffa, misure ambientali, Museo Internazionale delle Marionette
“Antonio Pasqualino”, Palermo. Courtesy Museo Internazionale delle
Marionette “Antonio Pasqualino”.
Per questo adattamento dal testo di Italo Calvino con brani di Andrea Zanzotto,
presentato in prima nazionale al teatro La Cometa di Roma e replicato al Teatro Biondo di
Palermo, è Antonio Pasqualino, fondatore del museo, a scegliere Guttuso per l’ideazione
delle figure animate, delle scene e dei costumi (fig. 9). «Quando feci leggere a Renato il testo
di Calvino si accese subito e l’indomani avevamo già i primi splendidi disegni: il bosco, le
radici, la città, l’uccello. Per i personaggi, disse poi, e solo chi non lo conosce può
meravigliarsene, per creare una atmosfera di fiaba, dobbiamo richiamarci a una chiave
surrealista, faremo un Guttuso surrealista”. […] voleva un palcoscenico che desse spazio
27 Costanzo, 2018: 56-59.
28 Degno di nota il percorso sul contemporaneo anche in virtù della presenza delle marionette e delle
macchine sceniche di Tadeusz Kantor e dei pupazzi di Enrico Baj.
Renato Guttoso e la Sicilia
221
adeguato alle sue invenzioni. Voleva che i disegni diventassero macchina scenica»
29
. L’artista
dunque esegue in poco tempo una serie di disegni dedicati al tema della foresta antropomorfa,
incentrata sul motivo fiabesco del ramo/radice e sulle figure enigmatiche dell’uccello, del re
e dei due innamorati, avvalendosi del supporto di Amedeo Brogli, pittore e scenografo
nonché suo collaboratore per tutti i lavori teatrali. Sono parte integrante delle scenografie le
sette marionette a dimensione umana, agganciate al corpo degli attori secondo tecniche
orientali, e le marionette a filo con volatili, manovrate dal puparo palermitano Nino
Cuticchio, come si evince anche dal video dello spettacolo presente nel percorso espositivo.
Le scenografie di Foresta-radice-labirinto oggi trovano spazio come un vero e proprio ambiente
nell’allestimento del Museo Internazionale delle Marionette Antonio Pasqualino, dove si
rivelano particolarmente suggestive per il loro sconfinamento nello spazio oltre i limiti
imposti da una fruizione di tipo statico e ribadiscono tanto la vocazione interdisciplinare della
ricerca di Guttuso quanto il suo assiduo impegno nel teatro, avviato nel 1940 e mai
interrotto
30
.
Ricollegandoci ad altre esperienze, se l’elemento naturalistico trova una lettura di tipo
simbolico in Foresta-radice-labirinto un ulteriore motivo iconografico che non può sfuggire alla
nostra attenzione è quello del vulcano
31
. Esso è presente in diversi studi e dipinti dell’artista
tra cui spicca per importanza Fuga dall’Etna, capolavoro del 1938-1939 raffigurante la tragica
fuga dinanzi all’eruzione minacciosa, oggi alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e
Contemporanea di Roma, e si annovera anche il meno noto e più tardo dipinto L’eruzione
dell’Etna (fig. 10), facente parte delle collezioni della Fondazione Sicilia e fruibile negli spazi
di Villa Zito a Palermo. Nell’opera del 1983 circa, ispirata alla violenta eruzione di quell’anno
durata oltre cento giorni, il tumulto dell’illustre precedente si ricompone nelle quattro figure
di schiena che assistono inermi allo scorrere della lava, principale protagonista della scena
basata sul gioco cromatico tra il rosso e il nero.
Fig. 10. Renato Guttuso, Eruzione dell’Etna, 1983 circa, olio su tela,
200x230 cm. Proprietà della Fondazione Sicilia.
29
Foresta-radice-labirinto 1987: 12.
30
Sul suo impegno per il teatro si veda almeno Carapezza Guttuso, 1997.
31
Si rimanda a Carapezza Guttuso, 2001.
Cristina Costanzo
222
Nel nostro itinerario è opportuno ricordare che
Guttuso non può mancare di rispondere all’appello di
solidarietà seguito al terremoto che la notte fra il 14 e
il 15 gennaio del 1968 colpì diversi centri della Valle
del Belìce e rase al suolo Gibellina, in provincia di
Trapani32. Grazie al costante impegno del sindaco di
Gibellina Ludovico Corrao, avvocato e mecenate, il
dramma degli sfollati e l’urgenza di ricostruire la città
si impongono come un caso d’interesse nazionale,
supportato da noti esponenti della cultura, tra cui
Leonardo Sciascia, Cesare Zavattini, Bruno Caruso,
Ernesto Treccani, Pietro Consagra, Carla Accardi e lo
stesso Guttuso. Per tenere sempre viva l’attenzione
sul dramma delle baraccopoli e delle macerie fu
promosso un gran numero di manifestazioni e appelli
pubblici, al centro di un acceso dibattito che vide
confrontarsi i maggiori intellettuali del tempo. È il
caso di Leonardo Sciascia che, nel 1970, afferma:
«Sentiamo come uomini e come siciliani il dovere di
rivolgere all’opinione pubblica mondiale e per essa
agli uomini che la rappresentano l’invito di una
riunione a Gibellina nella notte tra il 14 e il 15
gennaio 1970 […]; perché vedano, perché si rendano
conto, perché uniscano la loro denuncia a quella dei
cittadini relegati nei lager della Valle del Belìce alla
nostra». Fungono da corrispettivo visivo a questo
intenso appello i lavori di Guttuso dello stesso anno:
La notte di Gibellina (fig. 11) e Da Gibellina con amore
(fig. 12), esposti nella sezione Museo en plein air del
recentissimo allestimento del Museo d’Arte
Contemporanea “Ludovico Corrao”33. Le opere
raffigurano una veglia con fiaccole intorno alle rovine
e si caratterizzano, sotto il profilo cromatico, per la
presenza del rosso che accende le ombre notturne e,
dal punto di vista formale, per l’andamento dinamico
dei corpi che conferisce un moto ascensionale
all’intera scena, anticipando i toni da “epopea” di
quadri politici come I Funerali di Togliatti del 1972, al
MAMbo - Museo d’Arte Moderna di Bologna, e le
soluzioni compositive de La Vucciria.
Sono di grandissimo interesse anche i dipinti dello
stesso ciclo ma di collezione privata Rovine di
Gibellina, una sorta di studio di dettaglio dall’estetica
postcubista al limite con il linguaggio astratto, e La
notte di Gibellina (secondo anniversario), già collezione
Marta Marzotto, che riprende il tema della veglia con
32 Nell’ampia bibliografia su Gibellina ci limitiamo a segnalare La Monica, 1981;
Cristallini/Fabbri/Greco, 2004; Frazzetto, 2007; Sessa, 2012.
33 Dal coinvolgimento di numerosi artisti è scaturita la collezione d’arte contemporanea di Gibellina,
che si articola nel museo en plein air e nelle raccolte del Museo delle Trame Mediterranee e del MAC -
Museo d’Arte Contemporanea Ludovico Corrao, mentre nella città vecchia Alberto Burri realizza il
Grande Cretto, un sudario in cemento sulle rovine del terremoto. Per le raccolte museali si vedano
Sorgi/Militello, 2015; Bonifacio, 2021.
Fig. 11. Renato Guttuso, La notte di
Gibellina, 1970, olio su tela, 139 x
88,5 cm, Museo d’Arte Contem-
poranea “Ludovico Corrao”,
Gibellina. Courtesy Fondazione
Orestiadi.
Fig. 12. Renato Guttuso, Da Gibellina con
amore, 1970, china e acquerello su
carta, 50x50 cm, Museo d’Arte
Contemporanea “Ludovico
Corrao Gibellina. Courtesy
Fondazione Orestiadi.
Renato Guttoso e la Sicilia
223
esiti di straordinaria intensità, dovuti anche alle grandi dimensioni. Guttuso ricorda: «Quel
quadro si riferiva al secondo anniversario del terremoto di Gibellina. Facemmo una veglia,
tutta la notte, io ero con i miei amici. Era molto bello, c’erano questi falò in mezzo alle
rovine, i ragazzi con le bandierine: era una specie di festa, più che la commemorazione di un
evento tragico»
34
.
Questa serie si rivela particolarmente significativa se letta in continuità con I Prisenti, oggi
dislocati tra i due musei di Gibellina, drappi per la processione della Festa di San Rocco,
realizzati dalle maestranze femminili locali ma ideati da artisti contemporanei del calibro di
Alighiero Boetti, Giulio Turcato, Carla Accardi, Isabella Ducrot e Renata Boero, con cui le
opere di Guttuso condividono la forte dimensione comunitaria e corale. Le opere ispirate a
Gibellina sono un’efficace sintesi delladesione di Guttuso alle questioni sociali del tempo e
per questa ragione meritano di rientrare nel ciclo dei lavori emblematici della sua poetica
dedicata ai più umili. Come evidenzia Marco Carapezza: «A partire da Fuga dall’Etna, si
potrebbe metterli in fila l’uno dopo l’altro tutti i quadri, dove ad avanzare (meglio: a
retrocedere sopraffatti), dentro una permanente luce di sconfitta, sono i dannati della terra,
non solo le plebi di Sicilia, ma anche tutte le vittime del mondo, non si sa se più incalzate
dalla Storia o dalla Natura, dalla loro identica e cieca violenza: il ciclo di Gott mit Uns (1944),
Pausa nel lavoro (1945), L’occupazione delle terre incolte (1947), Campagna siciliana (1951), La zolfara
(1953), La notte di Gibellina (1970)»
35
.
A distanza di tre anni dalle opere per Gibellina, come ricordato, Guttuso si dedica a quello
che può essere considerato il suo dono più grande alla Sicilia attraverso la fondazione del
Museo Renato Guttuso mentre è del 1974 La Vucciria, da annoverare tra i lavori monumentali
particolarmente felici come Caffè Greco del 1976, al Ludwig Museum di Colonia, e il già citato
I funerali di Togliatti.
La Vucciria (fig. 13) non costituisce soltanto un
omaggio di straordinario interesse al famoso mercato
storico palermitano, ormai a rischio di scomparsa
36
,
ma continua ad alimentare le riflessioni di critici e
studiosi che in questi anni ne hanno colto le molteplici
chiavi di lettura prestatesi anche ad affascinanti
trasposizioni letterarie e teatrali, come il racconto di
Andrea Camilleri La Vucciria. Renato Guttuso del 2008
e Il quadro nero ovvero La Vucciria, il grande silenzio
palermitano, opera per musica e film di Roberto Andò
e Marco Betta del 2015
37
.
Guttuso inizia a lavorare al dipinto nei primi mesi
del 1974 ma l’esecuzione è anticipata da una serie di
studi e da una campagna fotografica svolta dallo stesso
artista, appassionato fotografo, nel Natale del 1973 tra
i vicoli intricati del mercato palermitano, la cui
atmosfera viene ricreata nel suo studio di Velate,
vicino Varese, con l’invio giornaliero di cassette di
frutta e verdura che il pittore può così studiare dal
vero. L’opera, interpretata dalla critica tanto come
natura morta quanto come natura viva, è memore di
una lunga tradizione che va da Rembrandt a Chaïm
Soutine e descrive tra i banchi di frutta, pesce e carne
della Vucciria cose e persone che si affastellano e si
incrociano nel mercato, assumendo così la valenza di
34
Camarrone, 2011: 52.
35
Carapezza, 2013: 35.
36
Sorgi, 2007.
37
Si vedano Camilleri, 2008; Andò/Betta, 2015.
Fig. 13. Renato Guttuso, La Vucciria,
1974, olio su tela, 300x300 cm,
Complesso Monumentale dello
Steri, Palermo. Ph. Igor Petyx.
Cristina Costanzo
224
un’icona, come dimostra la diffusa circolazione della sua immagine attraverso riproduzioni
di vario tipo che concorrono a renderla una delle opere più note di Guttuso.
La Vucciria è stata donata all’Università degli Studi di Palermo nel 1975, grazie a
un’intuizione del Prorettore Marcello Carapezza, ed è stata destinata al Palazzo Chiaromonte
detto lo Steri, residenza dei Chiaromonte nella prima metà del XIV secolo, poi sede vicereale
(1468-1517) e dell’Inquisizione spagnola (1601-1782) e successivamente della Dogana, dei
Tribunali del Regno e dell’Università dal 1967
38
. Al momento dell’acquisto La Vucciria trova
una collocazione degna di nota, insieme ad alcune delle testimonianze più preziose dell’arte
siciliana quali il Soffitto ligneo trecentesco e le carceri dell’Inquisizione, e si inserisce anche
nel delicato processo di riqualificazione del centro storico della città e di Piazza Marina, a
pochi passi dal mercato.
Nel 2021 il dipinto di Guttuso, inizialmente collocato nella Sala delle Armi e poi nella
stanza del Prorettore vicario e nella Sala dei Baroni, è stato oggetto di un nuovo allestimento,
curato da Marco Carapezza, Paolo Inglese e Maria Concetta Di Natale e realizzato
dall’architetto Maria Carla Lenzo.
Oggi il dipinto si trova nella Sala delle Armi dello Steri, al centro della parete di fondo, in
un rinnovato percorso espositivo orientato ad esaltare il legame fra i due simboli della città
di Palermo - la Vucciria e lo Steri - in virtù di un legame risalente al 1783. Come nota Fabio
Carapezza Guttuso, «in quell’anno il viceré Caracciolo, oltre ad abolire l’inquisizione
destinando le sue rendite ad istituti culturali e prefigurando co l’attuale destinazione
dell’edificio [già sede dell’inquisizione], poneva mano alla sistemazione urbanistica dell’antico
mercato palermitano, la cui piazza principale detta della Bocceria, oggi piazza Caracciolo, era
stata utilizzata dall’inquisizione per gli autodafé. […] Il quadro costituisce dunque il simbolo
della riconciliazione della cittadinanza con il potere, attraverso il momento più alto di
socialità, il mercato»
39
.
Con la nuova proposta allestitiva la Vucciria si presenta in un ambiente evocativo e
immersivo, capace di favorire una fruizione suggestiva e di rendere l’esperienza coinvolgente
portando alla massima intensità quel fondo nero su cui si sofferma Brandi nell’analisi
dell’opera e della sua specifica coralità (fig. 14). Viene anche esaltata la vocazione ritmica e
per certi versi musicale del dipinto, nel richiamo visivo al chiassoso brulichio del mercato
attraverso i contenuti multimediali della traccia audio con le registrazioni di voci e cantilene
del mercato palermitano note come abbanniate, provenienti dagli archivi del CRICD -
Centro regionale del Catalogo, e un video con i documentari Come nasce un’opera d’arte. Renato
Guttuso del 1975, di proprietà delle Teche Rai, e Diario di Guttuso, realizzato da Giuseppe
Tornatore nel 1982. I pannelli esplicativi, inoltre, illustrano la biografia dell’artista e i
contenuti dell’opera entrando nel dettaglio della sua ideazione ed esecuzione così come della
sua ricezione critica e presentano una selezione di fotografie che immortalano Guttuso a
Palermo e nel suo studio durante la realizzazione dell’opera.
Infine, per concludere, non possiamo fare a meno di ricordare che in Sicilia si trovano
prove esemplari, anche qualitativamente, dellultima produzione dell’artista. È il caso del
soffitto del Teatro Vittorio Emanuele II di Messina, ricostruito nel 1985 dopo il violento
terremoto del 1908, che costituisce una fulgida testimonianza dell’interesse di Guttuso per il
teatro e la decorazione, nonché una tra le sue maggiori imprese consistendo in quarantadue
pannelli dalla superficie complessiva di circa 170 metri quadrati
40
. Per questo intervento
decorativo su larga scala, realizzato su invito di Gioacchino Lanza Tomasi, consulente del
teatro messinese, Guttuso si avvale ancora una volta dell’assistenza di Amedeo Brogli. Con
38
Il complesso monumentale comprende Palazzo Chiaramonte (o Steri), Palazzo Abatelli, il Carcere
dei Penitenziati, la Cappella di S. Antonio Abate e Palazzo del Regio Lotto. Acquistato nel 1967
dall’Università di Palermo, dal 1972 lo Steri è stato oggetto di un restauro affidato agli architetti Roberto
Calandra, Camillo Filangeri e Nino Vicari con la consulenza di Carlo Scarpa. Si vedano Bologna, 1975;
Lima, 2015; Nobile/Sciascia, 2015; Fiume/Garcìa-Arenal, 2018; Di Natale/Nobile/Travagliato, 2020.
39
Di fondamentale importanza Carapezza Guttuso, 2008.
40
Per queste vicende si rimanda a Lanza Tomasi, 2007; Carapezza Guttuso/Favatella Lo Cascio, 2015a.
Renato Guttoso e la Sicilia
225
la scelta dell’antica leggenda di Colapesce, che si tuffa in mare su ordine di Federico II per
reggere il pilastro su cui poggia la città di Messina, Guttuso si confronta con le tradizioni
popolari della Stretto declinandole in chiave gioiosa e sensuale. Nel suo omaggio alla Sicilia
tra miti ancestrali ed eros, Guttuso abbandona infatti l’idea originaria di raffigurare il dramma
di Ulisse o Scilla e Cariddi e inaugura un’inesplorata iconografia della leggenda di Colapesce,
a lui nota con tutta probabilità dalla madre Giuseppina D’Amico, originaria di Messina.
Guttuso sceglie così il tema fortemente seducente delle Sirene, figure ammaliatrici per metà
umane e per metà pesce come Nicola o Nicolò Pesce detto Colapesce, raffigurato nel
momento più felice della fiaba e cioè mentre si tuffa per immergersi nelle acque dello
Stretto,
41
.
Nel 1985, come ricorda Gioacchino Barbera, non c’è solo Messina se l’artista si dichiara
felice di “essere tutto mescolato con la Sicilia, con le cose della Sicilia”, Guttuso è presente
infatti a Siracusa con il dipinto Il bosco d’amore dello stesso anno mentre Palermo gli dedica la
già citata antologica Guttuso e la Sicilia. Opere dal 1970 a oggi
42
.
L’intervento al teatro di Messina infine dimostra come il rapporto dell’artista con la Sicilia
non si interrompa neanche nei suoi ultimi anni di vita come confermato dal fortunato
susseguirsi di mostre dedicategli, dall’impegno degli Archivi Guttuso e dall’attività del Museo
Guttuso, che negli anni ha incrementato il proprio nucleo originario con ulteriori donazioni
che includono anche il dipinto Nella stanza le donne vanno e vengono, realizzato nel 1986, pochi
mesi prima della sua morte.
Fig. 14. Il nuovo allestimento de La Vucciria al Complesso Monumentale
dello Steri di Palermo. Ph. Igor Petyx.
Un patrimonio da riscoprire
Da questo excursus si evince quanto siano numerose le opere di Guttuso in Sicilia, custodite
in raccolte eterogenee site in diversi comuni e province fra Bagheria (Museo Renato Guttuso;
Chiesa di Maria Santissima Addolorata ad Aspra), Palermo (GAM - Galleria d’Arte Moderna
“Empedocle Restivo”; Museo Internazionale delle Marionette “Antonio Pasqualino”;
Fondazione Sicilia; ex Banca Commerciale Italiana; Complesso Monumentale dello Steri);
Gibellina (MAC - Museo d’Arte Contemporanea “Ludovico Corrao”) e Messina (Teatro
Vittorio Emanuele II).
41
Si veda Carapezza, 2000.
42
Tedesco, 2000: 11; Carapezza Guttuso/Favatella Lo Cascio, 2015a: 23. Risalgono al 1985 anche i
lavori per il Sacro Monte di Varese e la pubblicazione del III volume del suo catalogo generale.
Cristina Costanzo
226
Senza addentrarci nel tema del collezionismo privato citiamo almeno la collezione
catanese di Filippo e Anna Pia Pappalardo, che include Modella nello studio del 1968, Cesto di
limoni del 1978, A Filippo (Marta) del 1982, e quella palermitana Elenk’art, che custodisce
opere particolarmente significative come Studio per la Fuga dall’Etna del 1938, La cucitrice del
1947, la già menzionata Rovine di Gibellina del 1970 e Cactus sul golfo di Palermo del 1978, più
volte esposte e pubblicate
43
. E, ancora, è meritevole di speciale menzione il cospicuo gruppo
di fotografie delle opere di Guttuso facenti parte dell’Archivio Fotografico Regionale
dell’Arte Siciliana - A.F.R.A.S., realtà fortemente voluta da Maurizio Calvesi per l’Università
degli Studi di Palermo, oggetto di uno studio attualmente in corso
44
.
Queste esperienze, se messe a sistema tra loro, possono gettare nuova luce sulla
connessione profonda tra l’artista e la sua terra d’origine che in questi anni continua a
contribuire alla fama del pittore anche oltre i confini dell’isola. Il vivace intreccio di relazioni
preziose, in ordine di numero e qualità, tra le sue opere presenti in Sicilia suggerisce infatti di
riflettere su un possibile museo diffuso di Renato Guttuso, al fine di evidenziare il legame
che lo unisce al territorio e creare una relazione - per affinità tematiche o associazioni
cronologiche - tra questi possibili itinerari ricorrendo anche ai più aggiornati strumenti
tecnologici e di comunicazione, capaci di connettere virtualmente queste realtà diverse ma
complementari.
43
Barbagallo 2010; Troisi 2014.
44
Di Natale / Margiotta (in corso di pubblicazione). Si veda anche http://www.oadi.it/a-f-r-a-s/ (in fase
di completamento).
Renato Guttoso e la Sicilia
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