Ucoarte. Revista de Teoría e Historia del Arte, 12, 2023, pp.222-235, ISSN: 2255-1905
META-ARCHITETTURA TEORESI E QUIDDITÀ, BREVE
DIMOSTRAZIONE DEL CONCETTO DI METAFISICA
DELL’OPERA D’ARTE
LEONARDO D´ANGELO
Università degli Studi di Palermo (Italia)
Fecha de recepción: 27/06/2023
Fecha de aceptación: 18/10/2023
Resumen
C’è nella forma architettonica un ‘quid’, un qualcosa che vi appare e al tempo stesso la
trascende: un quid oltre il visibile, una sostanza (dal latino sub-stanzia, ‘ciò che sta sotto’)
che non è visibile agli occhi, ma che appare all’Occhio Interiore; un qualcosa di essenziale
che ne costituisce l’identità, l’anima, la coscienza che vi è stata infusa dall’autore,
dall’architetto. Ora, che ciò sia vero, non lo posso qui (in linea filosofica) affermare solo
per via intuitiva, ma lo devo anche dimostrare con concetti e fatti razionalmente tratti
dall’osservazione delle grandi opere. Dimostrerò, dunque, come ogni grande autore
abbia operato e realizzato le sue opere migliori non da un piano meramente fisico
dell’architettura, ma da un suo livello superiore definibile come meta-architettura e/o
metafisica dell’opera d’arte. A questa dimensione si accede in parte per via razionale,
riflessiva, e in parte per via intuitiva. E chiunque vi abbia accesso non torna mai indietro
a mani vuote, ma con una forma ideale che puntualmente riveste di materia, o forma
sensibile.
Palabras clave
Architettura, campo morfico, filosofia dell'arte, sindrome di Stendhal, spirituali artística.
META-ARQUITECTURA TEORESI Y QUIDDITÀ, BREVE
DEMOSTRACIÓN DEL CONCEPTO DE METAFÍSICA
DE LA OBRA DE ARTE
Abstract
Hay en la forma arquitectónica un 'quid', algo que aparece y al mismo tiempo la
trasciende: un quid más allá de lo visible, una sustancia (del latín sub-stanzia, 'lo que está
debajo') que no es visible a los ojos, pero que aparece al Ojo Interior; un algo esencial
que constituye su identidad, su alma, la conciencia que les ha infundido el autor, el
arquitecto. Ahora bien, que esto sea verdad, no lo puedo afirmar aquí (en línea filosófica)
solo por vía intuitiva, sino que también lo tengo que demostrar con conceptos y hechos
racionalmente tomados de la observación de las grandes obras. Demostraré, pues, cómo
cada gran autor ha obrado y realizado sus mejores obras no desde un plano meramente
físico de la arquitectura, sino desde un nivel superior definible como meta-arquitectura
y/o metafísica de la obra de arte. A esta dimensión se accede en parte por vía racional,
reflexiva, y en parte por vía intuitiva. Y cualquiera que tenga acceso nunca regresa con
las manos vacías, sino con una forma ideal que puntualmente reviste materia o forma
sensible.
Keywords
Arquitectura; campo rfico; filosoa del arte; ndrome de Stendhal; espiritualidad artística.
Leonardo d´Angelo
META-ARCHITECTURE THEORESIS AND QUIDDITY, A BRIEF
DEMONSTRATION OF THE CONCEPT OF METAPHYSICS
OF THE WORK OF ART
Abstract
There is in the architectural form a 'quid', something that appears and at the same time
transcends it: a quid beyond the visible, a substance (from the Latin sub-stanzia, 'that
which is below') that is not visible to the eye, but which appears to the Inner Eye; an
essential something that constitutes its identity, its soul, the consciousness that the
author, the architect, has instilled in it. Now, that this is true, I cannot assert here (along
philosophical lines) by intuitive means alone, but I must also demonstrate it with
concepts and facts rationally taken from the observation of great works. I will therefore
demonstrate how each great author has worked and realised his best works not from a
merely physical plane of architecture, but from a higher level that can be defined as
meta-architecture and/or metaphysics of the work of art. This dimension can be
accessed partly by rational, reflective means and partly by intuitive means. And whoever
has access never returns empty-handed, but with an ideal form that punctually takes on
matter or sensible form.
Keywords
Architecture; morphic field; philosophy of art; Stendhal syndrome; artistic spirituality
Los meta-architettura teoresi e quiddità, breve dimostrazione del concetto di metafisica dell’opera d’arte
Introduzione
Il grande filosofo francese Blaise Pascal (1623 1662) nei ‘Pensieri’ scrive: “Noi conosciamo
la verità non soltanto con la ragione, ma anche con il cuore”
1
.
Assioma più che condivisibile, ma del tutto ignorato in Occidente, dove l’aspetto
conoscitivo razionale si è imposto su quello intuitivo
2
, sul cuore, fino a farlo quasi sparire
nella ricerca; impoverendola non solo sul piano filosofico, ma anche su quello scientifico e
religioso.
La scienza infatti ha limitato la sua ricerca al mondo fisico, sensibile: soprattutto nel
campo della medicina che ufficialmente rifiuta il concetto di energia (su cui si basa
l’omeopatia) riducendo la cura alla biochimica. E la religione (la Chiesa) si è arroccata sul
dogma, sulla teologia, frenando il cuore, il sentimento laddove fiorisce, perfino nei santi,
quando non sono sotto la sua custodia.
Ci sarebbe molto da approfondire al riguardo, ma mi limito a dire questo: il cuore è vita,
energia e lo è a tal punto che non mi pare esagerato parafrasare che “non di sola ragione, né
di sola biochimica vive l’uomo, ma di ogni parola, o energia, che viene dal cuore”.
In verità Gesù Cristo disse: “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di
Dio”
3
. E secondo il grande Maestro indiano Paramhansa Yogananda, “La bocca di Dio”
rappresenta il midollo allungato da cui esce l’energia, il prana (in sanscrito), che ci tiene in
vita
4
.
Così l’energia risulta essere sia la cura più vera in medicina, sia il vero nutrimento spirituale
nella religione.
Dunque, l’Occhio interiore e il sentimento, l’intuizione sul piano del cuore, ci fanno
vedere l’esistenza di una meta-architettura, e bisogna dimostrarla. Ma come? Occorre aiuto
per dimostrare ciò che si vede intuitivamente, e l’aiuto proviene dalla mistica orientale: “La
verità è come un grandioso specchio che, rotto in centomila pezzi dal tempo, permette ad ognuno che ne possieda
una piccola scheggia di asserire: la mia Religione-Verità è quella giusta”
5
Sufi Gibrail Kham.
I filosofi occidentali ogni volta che hanno visto un frammento dell’intero specchio della
verità, lo hanno quasi imposto a forza all’attenzione degli altri; e spesso lo hanno fatto
disprezzando e infamando il punto di vista di qualche altro filosofo precedente.
Ho detto ‘punto di vista’, perché di questo si tratta: di come si vede il mondo, cioè dal
punto in cui lo si osserva, anche se ciò viene poi dimostrato con fatti e argomentazioni.
Riguardo al mio ‘punto di vista’ suscita una certa curiosità e si rivela persino illuminante il
testo di una canzone del gruppo musicale spagnolo Jarabe de Palo cantata dal front man Pau
Donés (1966 2020). Cito qui di seguito alcuni versi della canzone a cui mi riferisco intitolata
Depende
6
:
“Depende Depende, de que depende? De segun como se mire, todo depende”.
“Dipende Dipende, da che dipende? Da che punto guardi il mondo tutto dipende”.
Ma ciò che esprime poeticamente la canzone Depende lo afferma pure la fisica quantistica
da quasi un secolo con il Principio di indeterminazione, scoperto dal fisico tedesco Werner Karl
Heisemberg
7
(1901 1976). Enunciato con un articolo pubblicato nel 1927 e comprovato da
1
Pascal, anno: 1670. Collodi, anno: 2009.
2
Cfr. Revenga Domínguez, P., "Un alboroto magnífico", in enz Gonlez, O.: Palas y las Musas. Diálogos entre la ciencia y el
Arte, Vol. 2, xico, Siglo XXI Editores, 2016, 17-18.
3
Cfr. Deuteronomio 8,3 Matteo 4, 4 e Luca 4, 4.
4
Yogananda, anno: 1984. [Volume I].Gesù disse: “L’uomo non vivrà di solo pane, ma di ogni parola che viene dalla bocca
di Dio”. La batteria del corpo umano non è sostenuta soltanto dalla luce del sole, dall’ossigeno e dal cibo, ma dalla parola o
corrente vibratoria d’energia cosmica che, per mezzo della forza radioattiva, discende nel corpo e nella volonumana
tramite il midollo allungato o ‘bocca di Dio’.
5
Scattolin/Paredi, anno: 2021.
6
Cfr. Jarabe de Palo (1998), Depende [CD] Spagna: Parlophone.
7
Marchesi, anno: 2017.
224
Leonardo d´Angelo
un cospicuo numero di esperimenti, delinea l’idea essenziale della meccanica quantistica che
ha reso obsolescenti le solide leggi della meccanica classica. Al riguardo Fabio Marchesi scrive
ne’ La Fisica dell’Anima:
“Il principio di indeterminazione, scoperto e definito da Werner Heisemberg nel 1927
sconvolgendo profondamente la conoscenza scientifica dell’epoca, dimostra che
l’osservazione di un fenomeno condiziona e modifica il fenomeno stesso. Letteralmente
afferma che attraverso l’osservazione non è possibile conoscere, contemporaneamente,
sia la posizione sia la direzione in cui si muove una particella subatomica;
sostanzialmente dimostra che:
‘non è possibile conoscere la realtà attraverso l’osservazione’.
Questo principio compromette in modo inequivocabile la possibilità di utilizzare
l’osservazione di un fenomeno come prova certa della sua verità.
La verità, pertanto, può solo essere immaginata e considerata in termini di probabilità,
perché quello che osserviamo non è la verità ma il risultato dell’interazione tra un fenomeno
e l’osservazione del fenomeno stesso”.
Fabio Marchesi ci spiega bene il principio di indeterminazione e le sue conseguenze sul
piano filosofico-scientifico. Che altro possiamo aggiungere? Solo questo. Per la scienza un
fenomeno deve essere innanzitutto osservabile, poi riproducibile in laboratorio, e infine
l’esperimento deve essere ripetibile. Ma venendo meno l’oggettività o verità
dell’osservazione, viene meno la base stessa del metodo scientifico. La scienza, dunque, si
trova ora dinanzi ad un bivio: continuare a strutturarsi secondo le regole della religione, della
Chiesa, in contrapposizione alla quale è nata in epoca moderna, oppure accettare senza
riserve la dimensione spirituale dalla quale essa stessa proviene, come ogni altra forma di
conoscenza, e alla quale è destinata a ritornare nella pienezza di se stessa.
In altre parole, la scienza deve decidere se estendere la sua ricerca oltre la dimensione
spazio-temporale a cui la porta la fisica quantistica con la sua ricerca al confine tra la materia
e l’energia, oppure arroccarsi dogmaticamente sulla posizione conquistata: quella del mondo
sensibile.
Riflessione filosofica
Secondo Pascal (filosofo, matematico, fisico) l’uomo si trova in una posizione media, per
cui non è né piccolo né grande, né ignorante, né sapiente, e non può perciò con la sua mente
percepire il concetto del Tutto quello del Nulla; e solo con il cuore può andare in
profondità e cogliere intuitivamente i principi primi mediante i quali la ragione procede nelle
sue dimostrazioni. Perciò egli scrive: “L’ultimo passo della ragione è il riconoscere che c’è una infinità
di cose che la superano”. Ora, in mancanza di questo riconoscimento la scienza non può più
progredire nella conoscenza, ma esercitare dispoticamente e diabolicamente il suo potere
sull’uomo e sul mondo. Essa perciò, per deferenza a Pascal e Galileo e in ossequio alla ragione
confermata dall’esperienza, ha oggi il dovere di chiedersi: come fa l’osservatore a modificare
il fenomeno con la sua osservazione? Dal mio punto di vista l’osservatore, col suo campo
energetico, con la sua mente, con le sue aspettative, modifica il fenomeno osservato.
Pirandello
8
ha scritto: ‘Così è (se vi pare)’, ossia ognuno ha la sua verità. Ma questo è pure
quanto afferma Sufi Gibrail Kham con la sua metafora della Verità come di un grandioso
specchio rotto in centomila pezzi dal tempo, con la variante che l’originario specchio della
verità non esiste più in Pirandello; infatti nella sua opera teatrale l’esistenza o non esistenza
di una verità assoluta diventa un fatto irrilevante.
8
Cfr. Pirandello, anno: 1917. Così è (se vi pare), opera teatrale in tre Atti, scritta nel 1917. È una commedia
dichiaratamente a tesi; Pirandello l’ha definita: “Parabola in tre atti”. L’argomento è la veri, invano cercata
concitatamente da tutti i personaggi dall’inizio alla fine, invano affermata e contraddetta in un intrecciarsi di ipotesi
senza sbocco, sì da condurre naturalmente lo spettatore a considerarne la relatività.
225
Los meta-architettura teoresi e quiddità, breve dimostrazione del concetto di metafisica dell’opera d’arte
226
Ma può davvero il relativismo essere lo specchio della coscienza umana, che dal profondo
anela all’assoluto, all’infinito? Può l’uomo guardare nello specchio del relativismo e vedervi
realmente e pienamente se stesso? Ritengo di no, e mi chiedo: da che dipende l’esistenza di
una meta-architettura? Me lo chiedo ancora e ritorno col pensiero a Pau Donés: “Da che punto
guardi il mondo tutto dipende”. E Kierkegaard
9
, con le sue parole, mi solleva da un grande peso:
“La vita non è un problema da risolvere, ma un mistero da vivere”. In altre parole egli sostiene che il
Tutto, l’essere, il Sé, si manifesta all’uomo nel mistero, che è l’unico ‘vero interoda cui egli
non può essere diviso dall’esperienza relativa che ne ha, nel tempo e nello spazio. E’ chiaro:
ma andiamo avanti nella dimostrazione. “Chi è capace di vedere l’intero è filosofo, chi no, no”, scrive
Platone
10
ne’ La Repubblica. Ma si può davvero vedere l’intero dal punto di vista della
ragione? Secondo Hegel
11
si, non si può che vedere l’intero, perché, com’egli dice, “il vero è
l’intero” e nulla c’è al di fuori di esso. Il finito è nell’infinito, e parte di esso, proprio come
l’onda è una parte del mare. Certo ‘l’Intero’ di cui parla Platone, non è il ‘Totale’ o la ‘Somma’
a cui pensa la scienza odierna, che ha dimenticato il senso greco di ‘Episteme’ (stare sopra) e
non intende perciò che ‘il Tutto è superiore alla somma delle sue parti’. E’ pure vero che
‘l’intero’ di Platone non è esattamente quello di Hegel… Orbene c’è una intuizione a livello
del cuore e un’altra a livello della fronte (del sesto chakra, secondo lo Yoga) che in filosofia
viene impropriamente definita ‘intuizione intellettuale’, impropriamente, perché ciò che
l’intelletto coglie lo deve all’intuizione, laé cui visione non appartiene alla natura
dell’intelletto, che da non vede niente da principio. Comunque sia, una cosa è ‘vedere
l’intero’, e un’altra è ‘essere l’intero’. Si può, infatti, cogliere concettualmente il fuoco, ma
‘essere il fuoco’ è un’altra cosa. La visione filosofica, o hegeliana, dell’intero non è uguale ad
‘essere l’intero’. E questo lo sanno bene i mistici di tutto il mondo e i grandi maestri dell’India,
come Paramhansa Yogananda.
L’arte, come la poesia, ha in sé una componente evocativa; ma evocare vuol dire chiamare
l’oggetto d’arte, richiamarlo da una dimensione che non è quella fisica, materiale, ma una
dimensione di infinita potenzialità. Evocare vuol dire chiamare in ‘essere’ il manufatto
artistico, potenzialmente già esistente, presente in una sua dimensione che sia essa il
subconscio dell’artista, o l’inconscio collettivo di cui parla Jung, o l’esistenza di un ‘campo
morfico’
12
(che è stato considerato e studiato in rapporto al cosiddetto ‘fenomeno della
centesima scimmia’) o il mondo delle idee di cui parla Platone – non è comunque meno reale
di quella che noi chiamiamo materiale, o sensibile, ma risulta anzi essere il suo stesso
fondamento.
Sindrome di Stendhal
Che le grandi opere abbiano in sé qualcosa di trascendente e immanente al tempo stesso,
ossia un ‘quid’ che ne trascende la mera materialità e al tempo stesso le anima, è in parte
comprensibile attraverso il fenomeno della ‘Sindrome di Stendhal’ secondo cui “L’amore
coglie [nelle opere] sfumature invisibili a un occhio indifferente e ne trae conseguenze
infinite”
13
: un fenomeno che di certo fa pensare ad una interazione di anime, quella
dell’autore, presente nell’opera d’arte, e quella dell’osservatore o fruitore dell’opera stessa.
“Tutto è pieno di dei”, diceva Talete
14
e per dimostrarlo si serviva del campo magnetico di
una calamita. Ora, che tutto sia pieno di ‘dei’ vuol dire in altri termini che la materia è viva,
piena di energie più o meno coscienti, ma pur sempre operanti. Al riguardo il pensiero di
Talete è stato definito ilozoismo (materia vivente). L’energia è il punto d’incontro tra il fisico
9
Kierkegaard, anno: 1975.
10
Gigante/Valgimigli, anno: 2003. [Platone, Volume I].
11
Hegel, anno: 1807. Garelli, anno: 2008.
12
Lampis, anno:1999. Fabio Marchesi, anno: 2017.
13
Cfr. Stendhal, anno: 1839. La Certosa di Parma.
14
Plebe/Emanuele, anno: 2000. [Vol.1].
Leonardo d´Angelo
227
e il metafisico, tra il corpo e l’anima. Il meta-architetto è consapevole di questo; perciò sa, ad
esempio, che un corretto intervento architettonico non può avvenire, se non mediante la
conoscenza dell’opera d’arte come fatta di anima e corpo: di una parte visibile e un’altra
invisibile, ma non per questo meno esistente.
L’apollineo e il dionisiaco sono certamente presenti nell’anima dell’artista e nella sua
creazione, come pure nell’anima del fruitore; e questo, come già detto, è suscettibile di
manifestarsi come un contenuto della mente e in parte deducibile dal fenomeno della
Sindrome di Stendhal. Questo fenomeno, infatti, si manifesta solo in alcuni soggetti, con
esperienze psicofisiche contrastanti (dall’estasi fino al tremore e al terrore) dinanzi ad un
opera d’arte, e quindi in presenza di altri soggetti in cui l’osservazione della stessa opera d’arte
non produce uno stato di coscienza alterato, o uno stato psicofisico ‘anomalo’ rilevabile. Ora
questo vuol dire, dal mio punto di vista, che non tutti gli individui hanno la stessa percezione
dell’energia in cui sono immersi. In verità la materia non è altro che una vibrazione di energia.
I nostri corpi sono ‘energia condensata’ e noi, al di dell’apparenza, siamo essenzialmente
‘energia’ in un mare di energia: onde luminose, elettricità.
Ma come si spiegano i diversi stati psicofisici riconducibili alla Sindrome di Stendhal?
Si spiegano solo con la compatibilità o incompatibilità del soggetto rispetto alla coscienza
ed energia di cui è impregnata l’opera d’arte.
Poniamo ancora un’altra domanda. Perché in alcuni soggetti si manifesta la sindrome di
Stendhal, mentre negli altri osservatori della stessa opera d’arte non accade nulla?
Ciò si spiega, col fatto che alcuni soggetti hanno, come inconsapevoli ‘sensitivi’, una
percezione molto elevata dell’energia, sia in generale, sia in rapporto ad un’opera d’arte; una
percezione che altri hanno in misura ridotta, o che addirittura non hanno.
Poniamo allora un’altra domanda. Ma ciò vuol dire che la maggior parte delle persone che
osserva un’opera d’arte si trova in uno stato di ‘sonno ipnotico’? Alcune certamente si, altri
probabilmente no, nel senso che potrebbero essere sensibili ad una vibrazione di energia che
si manifesta come suono, musica, piuttosto che ad un’altra che si manifesta sul piano visivo
come forma, immagine. Eraclito afferma che gli uomini sono ‘dormienti’, o si può dire anche
come, immersi in uno stato di sonno interiore, ipnotico, dal quale difficilmente e raramente
vengono fuori come ‘risvegliati’. Ad ogni modo, quel che voglio sottolineare qui è il fatto che
alcuni individui hanno, si, una maggiore capacità di percepire sul piano visivo l’energia di
un’opera d’arte, ma al tempo stesso hanno anche una minore capacità di controllo della
propria energia, sia in generale, sia in rapporto all’opera d’arte stessa, fino ad esserne presi
come in un inconsapevole ‘contatto magico, medianico’, un’estasi involontaria, un rapimento
mistico: Agostino Trapè
15
commenta il più autorevole filosofo della Patristica dicendo, “[…]
Agostino non separa mai l’ascensione dell’intelligenza da quella del cuore, […] che comanda di amare e
quindi di cercare, Dio con tutto se stessi, perché Dio è la quiete e non solo della nostra intelligenza ma di
tutto il nostro essere, il termine del nostro godimento”.
Quiddita’
Ora, sulla base della Sindrome di Stendhal e di ciò che hanno compreso e affermato
filosofi come Pascal, Talete, Eraclito e Sant’Agostino emergono alcuni elementi
filosoficamente significativi che, benché modesti nel numero, sono comunque favorevoli
all’idea di un ‘quid’ che trascende la mera materialità dell’opera e al tempo stesso la impregna,
costituendone l’anima, l’energia che gli è stata infusa dall’autore. Questi elementi,
filosoficamente significativi, dimostrano l’esistenza di una meta-architettura, che a gran voce
viene confermata e reclamata dalle grandi opere del passato, al cui cospetto appare spesso
evidente il suo esatto opposto, una architettura che la offende e tende interamente al fisico,
al materiale e al dubbio gusto; un’architettura che ha radici nel sensibile e in esso si risolve,
come voce del contemporaneo smarrito nel suo labirinto, nel suo relativismo di valori e
conoscenze. Approcci conoscitivi, la cui colpa (o errore) non è quella di essere relativi (com’è
15
Testoni, anno: 1995. [8199].
Los meta-architettura teoresi e quiddità, breve dimostrazione del concetto di metafisica dell’opera d’arte
naturale che siano nel mondo sensibile, o della molteplicità) ma di essere espressione di una
relatività che non tende ad un ‘Centro’, né da esso parte nell’artista, nel contemporaneo, che
poco o nulla percepisce dell’anima e dell’energia di cui egli stesso è fatto.
In assenza di un centro interiore, o anima, in assenza cioè della sua percezione, quel che
viene fuori è ‘amorfo’ (dal greco a-morphé), cioè privo di forma interiore, o ideale; qualcosa
insomma che non è neanche frutto di ‘lavoro interiore’ (dal latino labor interior, da cui l’italiano
labirinto secondo lo yogi e filosofo Giorgio Cerquetti); qualcosa che di certo esprime
soprattutto la natura dell’architetto accidentale, che non può comunque uscire dal suo labirinto,
cioè da un labirinto di cui non è consapevole, essendo interiormente addormentato, come
dice Eraclito dormiente.
Questa assenza di coscienza, di cui l’architetto comune è testimone suo malgrado, non
lascia presagire niente di buono per il futuro ma al contrario ci fa intravedere un futuro cupo
e incerto, molto più grave di quanto si è manifestato con la cosiddetta ‘pandemia o emergenza
sanitaria’ dovuta al Sars Cov-2, o Covid 19.
“Strani giorni, viviamo strani giorni”, canta Franco Battiato
16
in una canzone del 1996
intitolata appunto Strani giorni; e in un’altra del 1998 intitolata Shock in my town esprime la
visione di un futuro incombente fatto di: “[…] neo primitivi / rozzi cibernetici signori degli
anelli orgoglio dei manicomi”, evidenziando altresì che: “Stiamo diventando come degli
insetti; simili agli insetti”.
Nei giorni che viviamo, viene fuori un’arte senza nobili ideali; un’architettura povera di
anima, che in assenza dell’Occhio Interiore produce talvolta evidenti disarmonie sul piano
progettuale; un’inconsapevole ma non per questo meno colpevole depauperamento
dell’opera d’arte, in rapporto a se stessa e al territorio, in cui originariamente nasce come
parte di un racconto, di una memoria storica, o identità culturale, che l’attuale mythos
neoliberista o, la narrativa del globalismo, ora vuol cancellare, confinandone quel che resta
nella finzione del metaverso (una realtà virtuale: un giardino zoologico in cui verranno confinati
insieme umani e monumenti; probabilmente splendidi esemplari di arte e umanità in
cattività).
E’ in atto il progetto e la costruzione di una umaniglobalizzata: di un ‘uomo globale’
che in preannuncia un’epoca di barbarie, che Klaus Schwab
17
(fondatore del World
Economic Forum) e il filosofo-ideologo Yuval Noah Harari
18
chiamano Transumanesimo,
inteso come il passaggio dall’Homo sapiens sapiens all’Homo Cyborg sapiens, in cui non c’è
posto per l’Occhio spirituale, né per il cuore, senza i quali non c’è vera umanità né arte, ossia
una meta-architettura e/o metafisica dell’opera d’arte, che l’uomo di cuore
19
e intelligenza
spirituale
20
ha in sé.
Meta-architettura e metafisica dell’arte
In tal senso il concetto di meta-architettura non è sostanzialmente nuovo, ma è
un’espressione della ‘filosofia perenne’, che naturalmente sfocia e si traspone in una ‘perenne
metafisica dell’arte’, che nel corso dei secoli e dei millenni ha prodotto le sue grandi opere in
campo architettonico e in tutta la storia dell’arte. In altri termini, i concetti della filosofia
perenne sono diventati tangibili, visibili nelle forme della grande architettura e della storia
dell’arte in linea generale. Ed è così che sono nate opere come il Partenone, il Pantheon, la
Pietà di Michelangelo, la Gioconda di Leonardo: opere, queste, che superano infinitamente i
loro autori e al tempo stesso ne contengono l’energia, la coscienza e l’essenza individuale
16
Cfr. Battiato, F. (1996), L’imboscata [CD]. Italia: Mercury Records; Gommalacca, (1998), [CD]. Italia:
Universal Music Italia.
17
Cfr. Malleret/Schwab, anno: 2020.
18
Harari, anno: 2017.
19
Del Boca, anno: 2004.
20
Goleman, anno: 2011.
228
Leonardo d´Angelo
idealmente congiunta alla Coscienza Cosmica, all’Architetto divino, nello ‘sposalizio’
dell’Arte.
La meta-architettura, che nell’opera d’arte ravvisa un’insieme di corpo e anima, è perciò
radicata nell’idea dell’uomo come ‘essere divino’, nel quale ‘il corpo è il tempio dello spirito’.
E allora poniamo un’ulteriore domanda: che arte sarà mai quella di un uomo cyborg, ossia
di un uomo ibridato con l’intelligenza artificiale? Sa arte quella di un uomo con un
microchip impiantato nel cervello e il corpo pieno di nanorobot?
L’abbiamo già detto e lo ribadiamo: dove non c’è cuore e intelligenza spirituale, non può
esserci vera umanità, ne arte in senso proprio, cioè nel senso di ‘andare verso’, come ci ricorda
la radice sanscrita ‘ar’
21
della parola latina ‘ars, artis’. Ma, ‘andare verso’ che altro può
significare qui, in senso forte, se non andare verso il proprio Centro interiore, o Anima o Sé,
o Spirito individualizzato? Tra l’altro, anche la parola architettura ha in sé la radice sanscrita
‘ar’.
Oggi perciò siamo indotti ad affermare questo: chi è capace di percepire quel misterioso
‘quid’ di cui è impregnata la meta-architettura, è un ‘architetto sostanziale’, o di sostanza, al
cui cospetto l’architetto povero di anima (in se stesso e nelle sue opere) appare come un
‘architetto accidentale’, che può essere o non essere, esistere o non esistere, senza perciò
togliere o aggiungere nulla alla sostanza della meta-architettura. Ora, in quanto io ritengo che
l’uomo non è fatto per le parole, ma che le parole sono fatte per l’uomo, riepilogando posso
dire questo: con o senza riferimento ai concetti aristotelici di sostanza e accidente
22
, ho
affermato il concetto di una meta-architettura e/o metafisica dell’opera d’arte, e sulla base di
prove tratte dal normale repertorio della vita (la Sindrome di Stendhal) più che da quello
teoretico, ho provato a giustificarne l’uso nella mia ricerca che in sé lo presuppone, giacché
non si da il concetto di una interpretazione ‘ermeneutica dei luoghi urbani’, se non in
rapporto ad un quid che ne costituisce l’intrinseco mythos: il racconto, la storia, l’anima,
l’energia…
Certo il tentativo di una corretta interpretazione ermeneutica dei luoghi urbani rimane pur
sempre una questione aperta, incerta, aporetica, ma non per questo priva di contenuto. C’è
infatti un logos nell’ermeneutica, una voce, un discorso che, in ogni caso, parla a chi ne sa
intendere il linguaggio; un tentativo di lettura che nella mia ricerca vuole aprire la via ad altri
possibili tentativi di lettura, di interpretazione. In tal senso il meta-architetto, e quindi il
concetto di meta-architettura, vuole rafforzare l’idea di un ‘architetto Hermes’ che spiega agli
uomini il messaggio divino dell’Arte: il suo essere e non essere ciò che appare, ossia il suo
essere il luogo in cui convivono il fenomeno e il noumeno, ciò che appare e ciò che si
nasconde dietro l’apparenza, dietro la forma, come anima ed energia.
Campo morfico
Avviandomi ora verso la conclusione di questa riflessione, chiarisco il fatto che la meta-
architettura, in quanto luogo di elevata coscienza con cui ognuno può entrare in risonanza,
non si trova in un luogo sperduto dello spazio, dell’universo, ma è propriamente intorno a
noi e il suo luogo naturale o elemento (il quinto per l’esattezza) è l’etere, o Akash in sanscrito,
in cui ogni pensiero ed ogni esperienza vibra densa di memoria.
Gli studiosi del ‘fenomeno della centesima scimmia’
23
hanno dovuto ammettere e poi
spiegare l’esistenza di un ‘campo morfico’ col quale stanno in relazione tutti gli individui di
21 Cfr. Vocabolario Treccani.
22 Reale, anno: 1968. [Aristotele]. Concetto di sostanza e di accidente in Aristotele.
Aristotele definisce la sostanza come ”ciò che ha essere per e l’accidente come “ciò che inerisce alla sostanza,
ossia come cche è connesso alla sostanza e non ha percessere per ”. Che Socrate abbia il naso camuso è
un esempio di essere accidentale che Aristotele fa nella Metafisica. Il naso camuso (schiacciato, appiattito) è un
fatto (un essere) accidentale; in quanto il naso di Socrate poteva anche essere aquilino, o di altra forma. L’essere
come sostanza non deve il proprio essere che a se stesso, mentre l’essere come accidente deve il suo essere alla
sostanza di cui è parte.
23
Lampis, Op. cit., Fabio Marchesi, Op. cit.
229
Los meta-architettura teoresi e quiddità, breve dimostrazione del concetto di metafisica dell’opera d’arte
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una stessa specie. Ogni individuo, per il semplice fatto di esistere, prende qualcosa da questo
‘contenitore invisibile’ o campo morfico, e ad esso dona qualcosa.
La scoperta dell’esistenza di un campo morfico ci dice essenzialmente questo: dalle
scimmie agli esseri umani, dagli uccelli fino ai rettili e ai pesci, le cose funzionano allo stesso
modo, nel senso che ogni nuova conoscenza o abilità acquisita da un individuo va
immediatamente ad espandere e ad arricchire la memoria del campo morfico della specie,
che a sua volta arricchisce tutti gli altri individui della stessa specie ad esso collegati. In tal
senso, quell’individuo umano che riesca a scoprire qualcosa di nuovo, o che arricchisca se
stesso in armonia di cuore e ragione, eleva al tempo stesso tutti gli altri esseri umani, a nome
dei quali deposita, in un ‘conto corrente’ invisibile, una certa quantità non di denaro, ma di
coscienza ed energia che essi potranno prelevare quando avranno raggiunto la maggiore età
dell’evoluzione spirituale, spiegabile con la ‘dottrina della reincarnazione’, di cui sapevano gli
antichi greci (tanto per attenerci alle nostre radici culturali) e di cui ha parlato ampiamente
Platone. In altri termini, nel mondo animale una nuova conoscenza o abilità guadagnata da
un individuo va immediatamente a vantaggio di tutti gli altri individui della stessa specie, sia
per il fatto della risonanza morfica, sia per il fatto che gli animali hanno un’anima di gruppo.
Nel mondo umano, invece, una conoscenza o abilità guadagnata da un individuo non va
immediatamente a beneficio di tutti gli individui, se non potenzialmente, a livello profondo,
in quanto gli esseri umani hanno un’anima individuale, e ogni anima occupa un certo gradino
della scala evolutiva della coscienza, e non può immediatamente percorrere tutti i sentieri
della conoscenza. Così, un’anima può essere molto evoluta sul piano della ragione e non sul
piano del cuore, e viceversa. Perciò l’uomo di cuore
24
deve certamente approfondire anche
la ragione, come l’uomo di ragione deve approfondire la via del cuore, perché, come dice
Pascal: “Noi conosciamo la verità non soltanto con la ragione, ma anche con il cuore”
25
Ma torniamo adesso all’esistenza del campo morfico, che è stato ampiamente studiato dal
biologo Rupert Scheldrake, e che io identifico con l’Akash o etere. Il fenomeno della
centesima scimmia è stato rilevato da alcuni scienziati, che in un’isola dell’arcipelago
giapponese stavano studiando un gruppo di scimmie, tra le quali ve ne fu una che ad un certo
punto cominciò a lavare le patate che gli venivano lasciate sulla spiaggia: a lavarle con l’acqua
di mare prima di mangiarle, per liberarle dalla sabbia. Questo nuovo comportamento fu via
via condiviso da altre scimmie, fino a che alla ‘centesima scimmia’ venne immediatamente
appreso dalle scimmie delle altre isole, con le quali non vi era alcuna possibilità di contatto
fisico né visivo.
Discussione
Che altro dire a supporto del mio concetto di meta-architettura? Solo questo in
conclusione. In un’epoca di barbarie già preannunciata dal progetto di un ‘uomo globale’ e
di un mondo ‘transumano’, l’idea di una meta-architettura e/o metafisica dell’opera d’arte,
potrebbe rivelarsi salvifica rispetto alla ‘dissoluzione e al vuoto’. Parafrasando Talete,
secondo cui ‘tutto è pieno di dei’, noi oggi potremmo dire che ‘il territorio è pieno di zombi’,
cioè di monumenti a cui è stata tolta l’anima (l’energia che originariamente avevano), da
‘architetti accidentali’, privi di sostanza, ossia da architetti che non hanno una percezione di
quel quid, che trascende la mera forma architettonica e al tempo stesso è ad essa immanente
come anima ed energia.
Che la buona architettura, quella delle grandi opere, abbia un suo ‘campo morfico’, una
sua legge di risonanza, un suo ‘paradiso dell’arte’, è un’idea a cui mi piace pensare: un’idea
guida, regolatrice dell’architettura e dell’arte, che a me pare degna di considerazione; un’idea
che interiormente mi appare come un luogo di vita rispetto a quel luogo di morte (un’Ade),
in cui sprofondano le mal progettate o restaurate opere del territorio: un’Ade in cui vanno
24
Del Boca, Op. cit.
25
Cfr. Blaise Pascal, Op. cit.
Leonardo d´Angelo
231
dal momento in cui sono espropriate di quel mythos (di quel racconto, storia, o memoria) da
cui sono emerse, in armonia con una realtà invisibile ma esistente.
Conclusioni
Ma, se è vero che non mancano gli ‘architetti accidentali’, pronti a violare il territorio è
pur vero che c’è sempre nel mondo dell’arte un visionario, qualcuno che vede nell’invisibile.
Se oggi in Sicilia a nord della Valle dei Templi esiste un felice esempio di arte
contemporanea in armonia con il territorio, lo si deve al cuore e alla intelligenza spirituale di
Lorenzo Reina, che nella zona di Santo Stefano di Quisquina ha dato vita al Teatro di
Andromeda (Fig. 1 15). Egli (scultore-pastore, architetto sostanziale) incarna il concetto di
meta-architettura, la mistica unione di arte e natura. Il teatro di Andromeda è infatti un
monumento incastonato come un gioiello in una zona aspra del territorio di Agrigento,
nell’azienda agro-pastorale-artistica di Lorenzo Reina; un monumento speciale sospeso tra
cielo e terra, ad un’altitudine di circa 900 metri: meta di un continuo pellegrinaggio mistico-
artistico; metafora dell’esistenza della vita con i suoi molteplici ruoli che guarda verso
l’infinito; un luogo sobrio e archetipico, di una bellezza spirituale senza tempo che risuona
nella dimensione più profonda dei suoi visitatori, Venite in disparte, voi soli, in un luogo solitario,
e riposatevi un poco
26
. Ed io, che per natura e cultura rifletto il mondo dell’arte, infine posso dire
questo: come una scimmia, più curiosa e ‘pensante’ delle altre a suo modo, ha scoperto, a
vantaggio di se e di tutta la specie, il modo di togliere la sabbia dalle patate lavandole prima
di mangiarle; così pure io, come ricercatore, forse di poco più curioso e pensante di altri,
potrei aver trovato il bandolo di un antico orientamento di pensiero, ormai perduto, che trae
forza dallo spirito di cui è pervaso e si sostanzia; potrei aver scoperto un nuovo concetto (la
meta-architettura) che, se condiviso da altri studiosi fino al raggiungimento di una certa
‘massa critica’, potrebbe andare a vantaggio di tutta la comunità scientifica. Nella fattispecie,
di tutti gli ‘architetti sostanziali’, ma soprattutto di quelli che ho maldestramente e
provocatoriamente definito ‘accidentali’, perché tutto è in divenire, tutto si evolve, e perfino
il cosiddetto ‘architetto accidentale’, è già potenzialmente un ‘architetto sostanziale’.
Possa dunque questo nuovo concetto accostarsi alla mente e al cuore degli studiosi, fino
a diventare linfa per l’architettura e per coloro che di essa si nutrono davvero.
26
Marco 6 31.
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Appendice di immagini
Fig. 1. Sedute del teatro, proiezione della
Costellazione di Andromeda
Fig. 2. Teatro di Andromeda.
Fig. 3. Prospettiva dall’alto del teatro.
Fig. 4. Ingresso al teatro
Fig. 5. Dromos, corridoio di accesso al teatro.
Fig. 6. Porta di ingresso al teatro.
Leonardo d´Angelo
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Fig. 7. Particolare
.
Fig. 8. Varchi laterali.
Fig. 10. Fianco laterale del teatro.
Fig. 12. Particolaere.
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Fig. 13. Esterno.
Fig. 14. Particolaere.
Fig. 15 Vista zenitale del teatro.
Leonardo d´Angelo
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Riferimenti
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Risorse elettroniche
L’USO DEL TERMINE “RAPIO” IN AGOSTINO: Un aspetto del misticismo agostiniano
(1995) di Oscar Testoni [Online] disponibile su http://www.jstor.org/stable/45074658
[consultazione: 23 aprile 2023].