Leonardo d´Angelo
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e il metafisico, tra il corpo e l’anima. Il meta-architetto è consapevole di questo; perciò sa, ad
esempio, che un corretto intervento architettonico non può avvenire, se non mediante la
conoscenza dell’opera d’arte come fatta di anima e corpo: di una parte visibile e un’altra
invisibile, ma non per questo meno esistente.
L’apollineo e il dionisiaco sono certamente presenti nell’anima dell’artista e nella sua
creazione, come pure nell’anima del fruitore; e questo, come già detto, è suscettibile di
manifestarsi come un contenuto della mente e in parte deducibile dal fenomeno della
Sindrome di Stendhal. Questo fenomeno, infatti, si manifesta solo in alcuni soggetti, con
esperienze psicofisiche contrastanti (dall’estasi fino al tremore e al terrore) dinanzi ad un
opera d’arte, e quindi in presenza di altri soggetti in cui l’osservazione della stessa opera d’arte
non produce uno stato di coscienza alterato, o uno stato psicofisico ‘anomalo’ rilevabile. Ora
questo vuol dire, dal mio punto di vista, che non tutti gli individui hanno la stessa percezione
dell’energia in cui sono immersi. In verità la materia non è altro che una vibrazione di energia.
I nostri corpi sono ‘energia condensata’ e noi, al di là dell’apparenza, siamo essenzialmente
‘energia’ in un mare di energia: onde luminose, elettricità.
Ma come si spiegano i diversi stati psicofisici riconducibili alla Sindrome di Stendhal?
Si spiegano solo con la compatibilità o incompatibilità del soggetto rispetto alla coscienza
ed energia di cui è impregnata l’opera d’arte.
Poniamo ancora un’altra domanda. Perché in alcuni soggetti si manifesta la sindrome di
Stendhal, mentre negli altri osservatori della stessa opera d’arte non accade nulla?
Ciò si spiega, col fatto che alcuni soggetti hanno, come inconsapevoli ‘sensitivi’, una
percezione molto elevata dell’energia, sia in generale, sia in rapporto ad un’opera d’arte; una
percezione che altri hanno in misura ridotta, o che addirittura non hanno.
Poniamo allora un’altra domanda. Ma ciò vuol dire che la maggior parte delle persone che
osserva un’opera d’arte si trova in uno stato di ‘sonno ipnotico’? Alcune certamente si, altri
probabilmente no, nel senso che potrebbero essere sensibili ad una vibrazione di energia che
si manifesta come suono, musica, piuttosto che ad un’altra che si manifesta sul piano visivo
come forma, immagine. Eraclito afferma che gli uomini sono ‘dormienti’, o si può dire anche
come, immersi in uno stato di sonno interiore, ipnotico, dal quale difficilmente e raramente
vengono fuori come ‘risvegliati’. Ad ogni modo, quel che voglio sottolineare qui è il fatto che
alcuni individui hanno, si, una maggiore capacità di percepire sul piano visivo l’energia di
un’opera d’arte, ma al tempo stesso hanno anche una minore capacità di controllo della
propria energia, sia in generale, sia in rapporto all’opera d’arte stessa, fino ad esserne presi
come in un inconsapevole ‘contatto magico, medianico’, un’estasi involontaria, un rapimento
mistico: Agostino Trapè
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commenta il più autorevole filosofo della Patristica dicendo, “[…]
Agostino non separa mai l’ascensione dell’intelligenza da quella del cuore, […] che comanda di amare e
quindi di cercare, Dio con tutto se stessi, perché Dio è la quiete e non solo della nostra intelligenza ma di
tutto il nostro essere, il termine del nostro godimento”.
Quiddita’
Ora, sulla base della Sindrome di Stendhal e di ciò che hanno compreso e affermato
filosofi come Pascal, Talete, Eraclito e Sant’Agostino emergono alcuni elementi
filosoficamente significativi che, benché modesti nel numero, sono comunque favorevoli
all’idea di un ‘quid’ che trascende la mera materialità dell’opera e al tempo stesso la impregna,
costituendone l’anima, l’energia che gli è stata infusa dall’autore. Questi elementi,
filosoficamente significativi, dimostrano l’esistenza di una meta-architettura, che a gran voce
viene confermata e reclamata dalle grandi opere del passato, al cui cospetto appare spesso
evidente il suo esatto opposto, una architettura che la offende e tende interamente al fisico,
al materiale e al dubbio gusto; un’architettura che ha radici nel sensibile e in esso si risolve,
come voce del contemporaneo smarrito nel suo labirinto, nel suo relativismo di valori e
conoscenze. Approcci conoscitivi, la cui colpa (o errore) non è quella di essere relativi (com’è
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Testoni, anno: 1995. [81–99].