Ucoarte. Revista de Teoría e Historia del Arte, 14, 2025, pp. 55-73, ISSN: 2255-1905
CESARE ARBASIA E LE FONTI FIGURATIVE NELLA
CAPPELLA DEL SANTISSIMO SACRAMENTO DELLA
MOSCHEA-CATTEDRALE DI CORDOVA
FEDERICA PERUGINI
Universidad Complutense de Madrid (Espa)
Fecha de recepción: 31/05/2025
Fecha de aceptación: 12/09/2025
Riassunto
Il presente studio si propone di approfondire le fonti figurative impiegate da Cesare Arbasia
nella decorazione della Cappella del Santissimo Sacramento della Moschea-Cattedrale di
Cordova. Attraverso un’analisi dei soggiorni a Firenze e a Roma che precedettero la sua attivi
in Spagna, si evidenziecome, probabilmente grazie ai suoi rapporti con i pittori e teorici
Federico Zuccari e Pablo de Céspedes, l’artista sia stato inserito nei vivaci ambienti artistici della
Roma e della Firenze di fine Cinquecento, assorbendo modelli iconografici che successivamente
rielaborerà nella decorazione della Cappella del Sacramento.
Parole chiave
XVI secolo, Arte moderna, Età moderna, Pitture, Manierismo.
CESARE ARBASIA Y LAS FUENTES FIGURATIVAS DE LA CAPILLA DEL
SANTÍSIMO SACRAMENTO DE LA MEZQUITA-CATEDRAL DE CÓRDOBA
Resumen
El presente trabajo tiene como objetivo profundizar en las fuentes figurativas empleadas por
Cesare Arbasia en la decoración de la Capilla del Sagrario de la Mezquita-Catedral de Córdoba.
A través del análisis de sus estancias en Roma y Florencia, anteriores a su etapa española, se
pondrá de manifiesto cómo, probablemente gracias a sus nculos con los pintores y tratadistas
Federico Zuccari y Pablo de Céspedes, el artista se integró en los dinámicos círculos artísticos
de la Roma y la Florencia de finales del siglo XVI, asimilando modelos iconográficos que más
tarde reelaborará en la decoración de la Capilla del Sagrario.
Palabras clave
Siglo XVI, Arte moderno, Edad Moderna, Pinturas, Manierismo.
CESARE ARBASIA AND THE FIGURATIVE SOURCES OF THE CHAPEL OF
THE BLESSED SACRAMENT OF THE MOSQUE-CATHEDRAL OF CORDOBA
Abstract
This study aims to examine the figurative sources employed by Cesare Arbasia in the decoration
of the Chapel of the Blessed Sacrament in the Mosque-Cathedral of Córdoba. By analysing the
artist’s formative stays in Florence and Rome prior to his Spanish period, the research will
highlight how, likely through his connections with the painters and theorists Federico Zuccari
and Pablo de Céspedes, Arbasia became involved in the dynamic artistic milieus of late
sixteenth-century Rome and Florence. There, he absorbed a range of iconographic models
which he would later reinterpret in the decoration of the Chapel of the Blessed Sacrament.
Keywords
16th century, Modern Art, Modern Age, Paintings, Mannerism.
Federica Perugini
56
Introduzione: lo spazio liturgico e la decorazione
Nell’angolo sud-orientale della Moschea-Cattedrale di Cordova, alla fine dell’ampliamento
realizzato da Almanzor (9381002), si trova la cappella del Santissimo Sacramento (fig. 1).
Questo spazio architettonico, in origine destinato a libreria del capitolo, fu trasformato a partire
dal 1571 in nuova cappella del Sacramento dall’architetto Hernán Ruiz III (1534–1606) poiché
la precedente era poco spaziosa per gli atti liturgici
1
.
La cappella presenta una pianta rettangolare divisa da tre navate coperte da volte a crociera,
il tutto interamente ricoperto da affreschi in una sorta di horror vacui. Sulle pareti delle navate, la
decorazione si sviluppa su tre livelli. Il primo simula una decorazione in marmo nella quale sono
inserite le iscrizioni relative alle storie dei santi martiri di Cordova, rappresentati nel secondo
livello a gruppi di tre. Il terzo livello è completato da lunette con scene di paesaggio. Negli
intradossi degli archi che dividono le navate, tra le grottesche, compaiono sia angeli con i simboli
della Passione, sia simboli della Passione isolati (fig. 2). Sulle volte, un cielo nuvoloso ospita
figure di angioletti (fig. 3). Sulla parete d’altare è affrescata un’Ultima Cena, al di sotto della quale
si trovano due profeti che fiancheggiano una nicchia dove si trova un tabernacolo decorato da
rilievi in legno policromo con scene della Passione
2
(fig. 4). A completamento della decorazione
pittorica, due tele sulle pareti in fondo alle navate, in corrispondenza dell’altare, rappresentano
l’Orazione nell’orto (navata di destra) e il Congedo di Cristo dalla Madre (navata di sinistra).
Il primo documento relativo alla decorazione pittorica risale al 27 settembre 1571, quando
viene stipulato un contratto con il pittore Luis de Valdivieso
3
. Questo intervento non venne mai
1
Per altre informazioni sulla storia della cappella del Santissimo Sacramento si vedano: Ramírez de Arellano,
1904: 133-134. Ramírez de Arellano/Valverde Madrid, 1982: 72-73. Ortí Belmonte, 1970: 125-136. Nieto
Cumplido, 1998: 368-390.
2
Sul tabernacolo, intagliato da Guillermo de Orta e dipinto e dorato da Alonso de Ribera, si vedano Pérez
Lozano, 1991: 58. Nieto Cumplido, 1998: 384.
3
Il documento compare nei regesti pubblicati da De la Torre y del Cerro, 1988: 175-176.
Fig. 1. Cesare Arbasia, Vista d’insieme della Cappella del Santissimo Sacramento, Moschea-Cattedrale,
Cordova.
Cesare Arbasia e le fonti figurative nella Cappella del Santissimo Sacramento della Moschea-Cattedrale di Cordova
57
portato a termine poiché i lavori procedevano con lentezza e l’8 agosto del 15834 la giunta del
capitolo decise di affidare l’incarico al pittore italiano Cesare Arbasia (Saluzzo, 1547 ?,1607
ca.) che realizzò i lavori sotto la reggenza del vescovo Antonio de Pazos y Figueroa (Pontevedra,
1524 Cordova, 1586).
Cesare Arbasia era giunto in Spagna nel 15775 insieme a Pablo de Céspedes (Cordova, 1538
1608) che in quello stesso anno fu nominato racionero della Cattedrale di Cordova. È verosimile
che sia stato proprio Céspedes a favorire l’assegnazione ad Arbasia di questa commissione, come
d’altronde afferma Antonio Palomino de Castro y Velasco nel Museo Pictórico (1724) [Arbasia]
fue llamado para efte efecto [la decorazione della cappella del Sacramento], por la amiftad que
con èl avia tenido en Roma Pablo de Cefpedes, Racionero de dicha Santa Iglefia de Cordova
[...]6.
La presenza di Arbasia nella cappella del Sacramento è attestata nei testi scritti tra XVII e
XIX secolo da Francisco Pacheco (1649)7, Antonio Ponz (177294), Juan Augustín Ceán
4 L’informazione sulla riunione dell’8 agosto 1583 è riportata da Ceán Berdez, 1800: 43 e dal cosiddetto “Manoscritto
H”. Si veda: Maraver y Alfaro, 1846.
5 L’anno preciso dell’arrivo in Spagna di Arbasia e Céspedes è indicato in una lettera inviata dal racionero a Bastiano Caccini
nel settembre di quell’anno. La lettera è pubblicata da Muller, 1996: 89-91.
Due anni dopo il suo arrivo in Spagna e prima della committenza a Cordova, Arbasia è attivo a Malaga, dove lavora nella
cattedrale decorando la cappella Maggiore e cappella dell’Annunciazione. Su Arbasia a Malaga si vedano: Llordén Sin,
1949: 483-524. Angulo Íñiguez, 1955: 265-271. Llordén Simón, 1959: 51-76. Clavijo Garcia, 1976: 307-320. Sánchez
pez, 1995: 41-51. Sánchez pez/Arcos von Haartman, 1999: 423-469.
6 Palomino de Castro y Velasco, 1724: 271. Palomino ritorna sull’argomento nelle Vidas de los pintores españoles: Palomino
de Castro y Velasco, 1742: 23; 36-37.
7 Pacheco nel capitolo dedicato alla tecnica dell’affresco dell’Arte de la pintura elogia Arbasia tra coloro che manejaron
este género de pintura en nuestros días con gran destreza y satisfacción” proprio nella cappella del Sacramento di Cordova.
Pacheco, 1649: 54.
Fig. 2. Cesare Arbasia, Parete
laterale con i santi martiri di Cordova e
intradossi degli archi con angeli e simboli
della Passione, Cappella del
Santissimo Sacramento, Moschea-
Cattedrale, Cordova.
Fig. 3. Cesare Arbasia, Volta con
angeli, Cappella del Santissimo
Sacramento, Moschea-Cattedrale,
Cordova.
Fig. 4. Cesare Arbasia, Parete d’altare,
Cappella del Santissimo Sacramento,
Moschea-Cattedrale, Cordova.
Federica Perugini
58
Bermúdez (1800), Frédéric Quillet (1825), Luis María Ramírez de las Casas Deza (1866) e nella
prima monografia di Pablo de Céspedes scritta da Francisco María Tubino (1868)
8
. Quest’ultimo
pubblica per la prima volta una nota che ci consente di identificare l’ideatore del programma
iconografico, Ambrosio de Morales (Cordova, 15131591) cronista di Filippo II a partire dal
1563
9
:
“[…] Venido el Obispo Don Antonio de Pazos mandó dar priesa en acabar ricamente el Sagrario y
por un pintor piamontés llamado Cesar Erbasia se doraron y pintaron las vedas con un cielo de
ángeles y las paredes con los Santos rtires de Córdoba, dando yo los subjectos para pintura y
escriptura. Con esto que la capilla tan rica y hermosa que no hay otra cosa tal en España. Pusiéronse
algunos escudos con armas del Obispo y su nombre, porque también dio cosa de doscientos ducados
para ayuda de la obra […]
10
.
La documentazione relativa alla decorazione
A partire dal XX secolo, le ricerche archivistiche hanno portato alla luce alcuni documenti
che chiariscono lo sviluppo delle fasi decorative.
Il 28 settembre 1583 Arbasia riceve 100 ducati da Juan Perez de Sevilla per le pitture del
Sacramento nuovo
11
. Nell’agosto 1584 doveva già aver finito di dipingere i santi martiri sulle
pareti e le iscrizioni sottostanti, come si evince dalla lettura della dedicatoria al vescovo Pazos
che Ambrosio de Morales pone all’inizio del IV volume della Cronica general de España (1586),
nella cui stesura fu probabilmente aiutato da Pablo de Céspedes
12
:
También los mando pintar y escrevir debaxo dellos sus historias sumadas, en el riquisimo sagrario
nuevo de la iglesia mayor: donde sola la lindeza y magestad de toda la obra es una cosa de las mas
señaladas que ay en España con admiración de todos las que la ven. Mas la devoción que con esto
se ha despertado en toda la ciudad para sus santos, es tan grande, que se puede estimar por mucho
más preciosa: pues con el recuerdo de la pintura y de la historia levanta las almas al cielo […]. En
Cordova, principio de agosto de MDLXXXIIII
13
.
Nel 1585 Arbasia è ancora a Cordova, poiché affitta alcune case del tesoriere della
cattedrale Antonio del Corral, si impegna a terminare la pittura e la doratura delle pareti della
8
Ponz, 1772-94: 9. Ceán Bermúdez, 1800: 42-43. Quillet, 1825: 33. Ramírez de las Casas Deza, 1866: 98. Tubino,
1868: 117-118.
9
Su Ambrosio de Morales si veda la seguente bibliografia: Redel, 1909. Ortí Belmonte, 1951: 109-114. nchez
Madrid, 2002. Cuesta Leonardo, 2015: 175-193. Cerrato Casado, 2019: 189-216.
Rimane inoltre ancora da chiarire e approfondire il rapporto tra Cesare Arbasia, Pablo de Céspedes e i vescovi
Antonio Pazos e Diego de Simancas (Cordova, 15131583). È verosimile che i due prelati risiedessero a Roma negli
anni del processo a Bartolomé Carranza (iniziato nel 1567 e protrattosi per nove anni), periodo in cui probabilmente
giunsero nella capitale anche Arbasia e Céspedes. Da qui l’ipotesi di un possibile primo contatto tra gli artisti e i
vescovi a Roma (Moralejo Ortega, 2010: 227-240; 2012: 141-153). Nuove ricerche, inoltre, ipotizzano che anche
Diego de Simancas sia stato committente di Arbasia nella Moschea-Cattedrale di Cordova, in particolare nella
cappella dello Spirito Santo (o cappella Simancas) (Jordano Barbudo, 2021: 163-171).
10
Si tratta di una nota della Biblioteca Nacional de España (Madrid), ms. 5785 (fol. 125). Il documento fu
successivamente ripubblicato da Sánchez Cann nel 1937 come inedito, probabilmente ignaro del fatto che era g
stato reso noto anni prima da Tubino, 1868: 118. Si veda nchez Cantón, 1937: 73-74.
11
De la Torre y del Cerro, 1988: 201.
12
L’informazione è riportata da Ceán Bermúdez, 1800: 318. “[…] [Pablo de Céspedes] Desempó sus funciones
con la mas cumplida asistencia al coro, y con graves encargos y comisiones que el cabildo puso á su cuidado, como
fué el haber arreglado el quaderno de los santos Mártires de Córdoba con el doctor Ambrosio de Morales, por el
que se mandó rezar en aquella santa iglesia en junio de 583 […].
13
De Morales, 1586.
Cesare Arbasia e le fonti figurative nella Cappella del Santissimo Sacramento della Moschea-Cattedrale di Cordova
59
cappella e a realizzare un quadro rappresentante Gesù e la Vergine (probabilmente il dipinto
raffigurante il Congedo di Cristo dalla Madre tutt’ora conservato nella cappella)
14
.
Ad inizio 1586 la decorazione doveva essere terminata poiché il 19 marzo di quell’anno
Arbasia ricevette l’incarico di decorare la navata di fronte alla cappella
15
. Non si sa se il
saluzzese mise mano a questa decorazione oppure se fu realizzata, come afferma Palomino,
dai suoi aiutanti
16
: i genovesi Giovan Battista (Crema, 1525/30 ca. Viso del Marqués, 1588
ca.) e Stefano Peroli (Genova?, 1563 ca. Almagro?, 1637 ca.) e lo spagnolo Antonio
Mohedano (Lucerna, 15611625)
17
. È possibile che questa parte della decorazione (distrutta
nel XIX secolo
18
) già poco dopo l’esecuzione della stessa necessitasse di un parziale restauro,
poiché nelle Cuentas de Fábrica de la Catedral appare una nota in cui Arbasia ricevette 40 ducati
per mejoras da realizzare nelle pareti e nelle grate del Sacramento
19
.
L’ultimo documento che testimonia la presenza del pittore a Cordova è datato al 28 aprile
1586. In esso, Arbasia firma per conto di Jerónimo Nicolás, maestro vetraio incaricato di
realizzare quattordici vetrate ma che era assente al momento della redazione del contratto
20
.
Il culto dei santi martiri di Cordova
I santi martiri di Cordova sono rappresentati, a gruppi di tre, sulle pareti delle navate,
secondo un’impostazione che si ispira al modello degli uomini illustri. Le figure sono
accompagnate da iscrizioni che aiutano a identificare i personaggi raccontando brevemente
la loro storia e il martirio.
L’interesse per questi santi nacque mentre erano in atto i lavori per la costruzione della
nuova cappella del Sacramento. Nel 1572, infatti, il vescovo Pedro Ponce de León (Cordova,
14
Il documento dell’affitto delle case è datato al 24 aprile 1585 pubblicato da Ramírez de Arellano, 1902: 128-
129, ripubblicato poi da Llordén Simón, 1949: 31 e da De la Torre y del Cerro, 1988: 203.
Il documento in cui si impegna a terminare le pitture e a realizzare il quadro viene pubblicato da Ramírez de
Arellano, 1900: 200-201 datato al 31 luglio 1585 mentre De la Torre y del Cerro, 1988: 203, lo pubblica datato
al 2 agosto 1585. Le informazioni ricavate da questi documenti consentono di ipotizzare che l’altra tela con
l’Orazione nell’orto fosse stata già realizzata e che, con questo secondo incarico, Arbasia abbia probabilmente
eseguito anche le pitture di paesaggio nelle lunette, le volte con gli angeli e i sott’archi decorati con angeli e
simboli della Passione, figurazioni non menzionate nella documentazione finora rintracciata.
15
Il documento è pubblicato da Ramírez de Arellano, 1900: 201 e poi da De la Torre y del Cerro, 1988: 204-
205. I lavori della navata di fronte la Cappella del Sacramento dovettero terminare pochi mesi dopo quando, il
23 giugno 1586 il pittore ebbe l’ultima parte del pagamento come si evince dal documento pubblicato da
Ramírez de Arellano, 1900: 201 e poi da Llordén Simón, 1949: 31.
16
La partecipazione dei Peroli e di Mohedano alla decorazione della cappella non è attestata documentalmente:
le fonti d’archivio citano esclusivamente Arbasia, mentre le menzioni di eventuali collaboratori derivano
unicamente da Palomino. Quest’ultimo menziona la realizzazione degli affreschi della navata solamente nelle
vite di Antonio Mohedano (“y la que hizo despues, en la nave del Sagrario, de la Santa Iglesia de Cordova, en
compania de los Perolas) e dei Peroli (ayudaron tambien a Antonio Mohedano, en la Pintura que hizo, en la
media Nave del Sagrario de la fanta Iglefia de Cordova”). Palomino de Castro y Velasco, 1742: 23; 37.
17
Sui fratelli Peroli e su Antonio Mohedano si veda la seguente bibliografia: González Zubieta, 1981.
Bustamante/Marías, 1982: 173-185. Valdivieso/Serrera, 1985: 174-188. Del Campo Muñoz, 1998: 53-64. López
Torrijos, 2000: 271-280. López Torrijos, 2002: 145-165. Herrera Maldonado, 2003: 259-271. López Torrijos,
2007: 198-202. López Torrijos, 2009. López Torrijos, 2020. Méndez Rodríguez, 2015: 397-399.
18
Nella descrizione che Ramírez de las Casas Deza fa della cappella del Sacramento e di questa navata con
storie della storia santa e figure allusive al Santissimo Sacramento dice che si deteriorarono con il tempo e che
il poco che rimase è stato distrutto sin consideración alguna. Ramírez de las Casas Deza, 1866: 126.
19
Conti, 1991: 48.
20
Documento pubblicato da Ramírez de Arellano, 1900: 200-201.
Federica Perugini
60
1510 Jaraicejo, 1573) scoprì nella biblioteca della cattedrale di Oviedo le opere di san
Eulogio di Cordova, tra le quali figurava il Memorialis sanctorum, una cronaca delle persecuzioni
e dei martiri sofferti dai cristiani che vivevano a Cordova all’epoca di Abderramán II (822
852) e Mohamed I (852886). In questi anni Ambrosio de Morales era in viaggio per le
Asturie su ordine di Filippo II con il fine di elaborare una Relacion de las Reliquias [de
santos], Enterramientos Reales y Libros antiguos
21
che avrebbe ricostruito un’identità
spagnola attraverso la ricostruzione della memoria cristiana. Fu proprio in questa occasione
che il cronista ebbe l’opportunità di leggere e studiare il Memorialis sanctorum
22
. Frutto di questo
studio fu la pubblicazione ad Alcala de Henares nel 1574 del Divi Eulogii Martiris Cordubensis
23
.
Poco tempo dopo la diffusione di questo testo, il 21 novembre 1575, vennero ritrovati alcuni
resti ossei nella chiesa di San Pietro a Cordova, dove, secondo la tradizione, si credeva fossero
sepolti alcuni martiri antichi. In quello stesso sito, alcuni anni prima, era stata rinvenuta una
lapide con un’iscrizione che menzionava i santi martiri di Cordova, stabilendo così un legame
diretto tra i resti e i santi in questione: SANCTORUM MARTIRUM CHRISTI IESU,
FAUSTI, IANUARI, MARTIALIS, ZOILI ET AISCLI, ERA MLXXIX
24
.
Il vescovo Antonio Pazos si era prontamente adoperato affinché nella chiesa di San Pietro
venisse creato un luogo per la venerazione delle reliquie
25
e il 22 gennaio 1583, insieme al
Concilio Provinciale di Toledo, dichiarò questi resti reliquie dei santi martiri cordovesi, culto
approvato nel mese di giugno dello stesso anno da un decreto emanato da Gregorio XIII
Boncompagni (15721585)
26
.
Le fonti iconografiche
L’Ultima Cena
Sulla parete d’altare è raffigurata l’Ultima Cena, soggetto che Arbasia aveva affrontato
alcuni anni prima a Malaga
27
e su cui tornerà nell’ultimo periodo della sua produzione in
Piemonte
28
. Nell’affresco di Cordova alcuni studiosi hanno sottolineato l’influenza
leonardesca
29
, ravvisabile nell’apertura della finestra sullo sfondo, che offre all’artista
l’occasione di inserire un paesaggio, genere al quale si era dedicato durante il suo primo
soggiorno a Roma negli anni Settanta del Cinquecento, in particolar modo nella Sala Ducale
del Palazzo Apostolico Vaticano, nel Palazzo del Commendatore dell’Ospedale di Santo
Spirito in Sassia e nella chiesa di Trinità dei Monti
30
. L’interesse di Arbasia per il paesaggio
21
In questo viaggio venne redatta una relazione da Ambrosio de Morales che verrà pubblicata solo nel 1765 da
Enrique Flórez con il titolo Viage de Ambrosio de Morales por orden del Rey D. Phelipe II a los Reynos de Leon y Galicia
y Principado de Asturias.
22
Sull’attività di Ambrosio de Morales come cronista di Filippo II e la riscoperta del culto dei martiri di Cordova
si veda Cuesta Leonardo, 2015: 175-193.
23
De Morales, 1574.
24
Pérez Lozano, 1991: 59.
25
Ambrosio de Morales così scrive nella dedicatoria al vescovo Pazos all’inizio della Cronica general de España:
“[...] y adornadoles fumptuofamente con nueva fabrica de jafpes y marmoles en la iglefia de da Pedro el
fepulchro, capilla y lugar, donde eftavan fus fagradas reliquias”. De Morales, 1586.
26
Cuesta Leonardo, 2015: 180.
27
Su Arbasia a Malaga si veda la nota n. 5.
28
Mario Bressy gli attribuisce un’Ultima Cena in collezione privata. Si veda Bressy, 1968.
29
Raya Raya, 1988: 36. Blázquez Mateos, 1999: 171-183. Pérez Lozano, 1991: 57-64.
30
Sull’attività di Arbasia a Roma si veda la seguente bibliografia: Vaes, 1928: 283-331. Vaes, 1931: 341-356.
Gabrielli, 1933: 316-335. Bressy, 1960: 25-32. Angulo Íñiguez, 1967: 305-307. Rodolfo, 1993: 56-76. Fallay
D’Este, 1990: 43-76. Díaz Cayeros, 2000: 3-36.
Cesare Arbasia e le fonti figurative nella Cappella del Santissimo Sacramento della Moschea-Cattedrale di Cordova
61
emerge anche nelle lunette delle pareti laterali, dove inserisce scorci naturali che possono
essere considerati la sua firma personale nell’impostazione iconografica della cappella. Con
questo genere, infatti, ebbe probabilmente il suo primo contatto con la tecnica ad affresco
31
.
Riguardo l’Ultima Cena, in questa sede pur senza escludere l’influenza del prototipo
leonardesco nell’impostazione della stanza, si propone un ulteriore modello di riferimento
per le figure: l’Ultima Cena affrescata da Livio Agresti nell’Oratorio del Gonfalone
32
e incisa
da Cornelis Cort nel 1578. In questo cantiere, aperto alla fine degli anni Sessanta del
Cinquecento e proseguito nel decennio successivo, fu attivo Federico Zuccari (Sant'Angelo
in Vado, 1539 Ancona, 1609), al quale Arbasia sarà legato da una forte amicizia e con cui
collaborerà in diverse occasioni, come verrà illustrato più avanti.
Negli anni di attività del cantiere del Gonfalone, Arbasia si trovava a Roma, come
testimonia il biografo Karel Van Mander che lo include tra pittori attivi in città tra il 1573 e
il 1577
33
. Nell’affresco di Cordova, il rimando al prototipo di Livio Agresti è riconoscibile nel
paggio che porta i bicchieri di vino in secondo piano e nell’apostolo seduto di spalle a sinistra,
raffigurato in una torsione che, se nell’opera di Agresti è risolta con grande abilità, in quella
del saluzzese risulta poco naturale.
Va sottolineato che, oltre al fatto che Arbasia durante il suo soggiorno a Roma ebbe con
ogni probabilità occasione di vedere direttamente l’affresco di Livio Agresti, questo soggetto,
diffuso attraverso alla stampa di Cornelis Cort, riscosse una grande fortuna tra gli artisti
spagnoli, soprattutto in Andalusia. Esemplari sono la Santa Cena (1588) di Alonso Vázquez
conservata nel Museo de Bellas Artes de Sevilla, proveniente dal refettorio della certosa di
Santa Maria de las Cuevas, nella quale vengono ripetute le due figure di spalle in primo piano,
e la Santa Cena di Pedro de Morales del convento di Santa Clara de Carmona, nella quale
l’artista, pur cambiando lo sfondo, copia interamente la disposizione dei personaggi seduti
attorno alla tavola secondo il prototipo di Livio Agresti
34
.
Al di là del riferimento più o meno fedele alla stampa di Cort, il soggetto dell’Ultima Cena
risulta comunque tra i più ricorrenti nell’arte del sud della Spagna tra XVI e XVII secolo. A
riprova di ciò basterà menzionare i seguenti esempi: l’Ultima Cena di Pablo de Céspedes
dipinta tra il 1593 e il 1595 e conservata nella Moschea-Cattedrale di Cordova; quella di Juan
del Castillo (1612) conservata presso l’Università di Siviglia; quella di Juan de Peñalosa (1613)
in collezione privata a Cordova e quella di Sánchez Cotán (1618) nella Certosa di Granada
35
.
Per quanto riguarda l’affresco di Arbasia, un altro possibile parallelismo iconografico per
l’impostazione dei personaggi è offerto da un’incisione di Johannes Sadeler I tratta da
un’opera perduta di Pieter de Witte
36
. Quest’ultimo fu uno dei tanti artisti attivi nel cantiere
31
Le prime opere conosciute ad affresco di Arbasia risalgono al primo soggiorno romano e hanno come
soggetto i paesaggi. Invece, le sue prime produzioni documentate sono due mappe realizzate tra settembre e
novembre 1566, conservate al Museo Civico di Cuneo (Comba, 1993: 39-55). Ciò potrebbe suggerire che
l’esperienza come disegnatore di mappe possa averlo preparato e indirizzato verso la pittura di paesaggio a
Roma.
32
Sul cantiere dell’Oratorio del Gonfalone si vedano Bernardini, 2002. Randolfi, 2010.
33
Vaes, 1931: 346.
34
Sulla fortuna delle stampe di Cornelis Cort nel sud della Spagna si veda Navarrete Prieto, 1998: 111-113.
35
Per altri esempi e per l’uso dell’iconografia dell’Ultima Cena nel sud della Spagna nel XVII secolo si veda:
Pérez Lozano, 1989: 68-74.
36
Volk-Knüttel, 2010: 346-348. Sull’influenza nel sud della Spagna delle stampe della famiglia Sadeler, si veda
Navarrete Prieto, 1998: 252-261.
Federica Perugini
62
del Gonfalone, al quale è stata attribuita la scena della Crocifissione
37
. In particolar modo, la
vicinanza tra l’incisione di Sadeler e l’affresco di Arbasia è ravvisabile nel dettaglio del san
Giovanni che reclina la testa sulla spalla di Cristo.
L’Orazione nell’orto
Nella parete di fondo della navata destra, in
corrispondenza dell’altare, si trova la tela raffigurante
l’Orazione nell’orto (fig. 5). Questo tipo iconografico era
già stato affrontato da Arbasia alcuni anni prima nella
Cappella Maggiore della Cattedrale di Malaga,
analogamente a quanto avviene per l’Ultima Cena.
Riguardo ai possibili modelli, soprattutto nel
dettaglio del Cristo con l’angelo, Arbasia sembra
rifarsi al modello di Tiziano realizzato nel 1562 per il
monastero di San Lorenzo dell’Escorial
38
e reso noto
attraverso le incisioni di Giulio Bonasone e Luca
Bertelli
39
. Questo tipo di impostazione iconografica
ha origine nel prototipo dipinto da Antonio
Correggio e conservato presso Apsley House a
Londra (1524 ca.). A partire da questo modello,
numerosi artisti ne offrirono variazioni e
reinterpretazioni: tra questi, Taddeo Zuccari
(Sant'Angelo in Vado, 1529 Roma, 1566), che ne
propose una versione nella volta della cappella Mattei
(1553-1556) della chiesa di Santa Maria della
Consolazione a Roma e poi in un’altra composizione
incisa da Cornelis Cort. Un’eco di questa stessa
impostazione si ritrova nel cantiere pittorico
dell’Oratorio del Gonfalone, in un affresco realizzato
entro il 1572 da un pittore rimasto anonimo
40
.
Dunque, nel realizzare l’Orazione della cappella del Sacramento, Arbasia, oltre ad avere
presente il modello tizianesco dell’Escorial, sembra aver nuovamente richiamato alla
memoria il cantiere romano di fine Cinquecento. Tale memoria emerge anche nelle
architetture dipinte: come nell’Oratorio del Gonfalone, dove le diverse scene sono separate
da colonne tortili, anche Arbasia adotta lo stesso motivo per incorniciare la pala con l’Orazione
e il Congedo, nonché per delimitare le due cancellate d’ingresso della cappella. La decorazione
della colonna sia a Roma che a Cordova è pressochè identica: dal basso fino a circa la metà
del fusto presenta una finta scalanatura, mentre la parte superiore è ornata da un motivo a
foglie. Le stesse colonne, d’altronde, incorniciavano la scena dell’Ultima Cena di Livio Agresti,
già individuata come probabile riferimento per Arbasia.
Gli angeli e il rapporto con Federico Zuccari
Nelle volte e negli intradossi degli archi sono raffigurati degli angeli (fig. 6), la cui paternità
è stata attribuita dalla storiografia artistica ai possibili collaboratori di Arbasia a Cordova:
37
Zuccari, 2021: 168-181.
38
Sul dipinto realizzato per Filippo II del quale è stata recentemente rintracciata una seconda versione si veda
Tagliaferro, 2015: 107-126.
39
Sul tema delle incisioni di Tiziano in Spagna si veda Grosso, 2018: 55-70.
40
Bernardini, 2002: 111-115. Randolfi, 2010: 39. Vannugli, 2012: 127-128.
Fig. 5. Cesare Arbasia, Orazione nell’orto,
olio su tela, Cappella del Santissimo
Sacramento, Moschea-Cattedrale, Cordova.
Cesare Arbasia e le fonti figurative nella Cappella del Santissimo Sacramento della Moschea-Cattedrale di Cordova
63
Giovan Battista e Stefano Peroli e Antonio Mohedano. Infatti, se Antonio Palomino limitava
l’intervento degli aiutanti nei perduti affreschi della navata antistante la cappella, Antonio
Urquízar Herrera e Manuel Pérez Lozano, hanno attribuito ad Antonio Mohedano alcuni
angeli della volta della navata destra sulla base di alcuni confronti stilistici degli affreschi
realizzati dall’artista spagnolo nella volta del presbiterio della chiesa di San Matteo a Lucena
41
.
L’aspetto che in questa sede riveste maggiore interesse non è tanto l’attribuzione degli
angeli della volta e degli intradossi degli archi (alcuni dei quali sono stati ridipinti nel corso
del tempo), ad Arbasia o ai suoi collaboratori, quanto piuttosto evidenziare come queste
figure offrano spunti utili per approfondire il rapporto tra il pittore saluzzese e Federico
Zuccari, oltre che per rafforzare le ipotesi relative al soggiorno fiorentino di Arbasia. Infatti,
questi angeli presentano le stesse tipologie di alcuni personaggi realizzati dal pittore di
Sant’Angelo in Vado nella cupola di Santa Maria del Fiore di Firenze.
Prima di passare all’analisi degli affreschi e ai confronti, però, è necessario approfondire
la questione del rapporto tra Cesare Arbasia e Federico Zuccari. Non è ancora noto con
certezza quando e in quale contesto i due si conobbero, ma è verosimile che il primo incontro
sia avvenuto a Roma, dove entrambi dovettero frequentare il pistoiese Sebastiano Caccini.
Quest’ultimo risiedeva vicino la Basilica dei Santi Carlo e Ambrogio, nell’attuale Via del
Corso ed era proprietario dell’abitazione romana di Zuccari con il quale intrattenne un
carteggio, come dimostrano alcune lettere datate tra il 5 settembre 1573 e il 13 dicembre
1585
42
. È possibile che Arbasia e Céspedes, durante gli anni a Roma, abbiano vissuto nella
41
Urquízar Herrera, 2001: 95; Pérez Lozano, 1991: 64.
42
Le lettere di Federico Zuccari a Sebastiano Caccini, tomo 44 dell'Archivio della Pia Casa degli Orfani, parte
I, Istituti Riuniti di S. Maria in Aquiro, attualmente conservato presso l'Accademia Nazionale dei Lincei, sono
state pubblicate parzialmente da Aurigemma, 1995: 207-246 e poi ancora da Tartaglia, 2024: 85-108.
Fig. 6. Cesare Arbasia, Sottarchi con figure di angeli e simboli della Passione, Cappella del Santissimo
Sacramento, Moschea-Cattedrale, Cordova.
Federica Perugini
64
casa di Sebastiano Caccini. È certo, in ogni caso, che i due conoscessero bene quella zona:
secondo quanto riportano Giovanni Baglione e Karel Van Mander, nei pressi della Basilica
dei Santi Carlo e Ambrogio al Corso realizzarono una pittura di facciata oggi perduta
43
.
Inoltre, in alcune delle lettere del carteggio tra Zuccari e Caccini, mentre il pittore di
Sant’Angelo in Vado si trova lontano da Roma, invia i suoi saluti ad Arbasia e Céspedes,
lasciando intendere che i due fossero ospiti a casa del corrispondente. È il caso della lettera
inviata da Firenze l’11 febbraio 1576: A messer Paulo, a messer Cesare e tuti li amici mi
racomando [...] sempre afizionatissimo servitore
44
. Un’ulteriore conferma della
frequentazione da parte dei due artisti dell’abitazione romana di Caccini si trova nella lettera
del settembre 1577, nella quale Céspedes informa il pistoiese dell’arrivo dei due pittori in
Spagna. Scrive infatti il racionero: [...] et sappia V.S. di me che di tutta Roma non mie ricordo
d’altro che di voi et di madonna Brigida et del vostro giardino et della fontana […]”
45
.
Riguardo al rapporto tra Federico Zuccari e Cesare Arbasia e al possibile soggiorno di
quest’ultimo a Firenze sono fondamentali due lettere del pittore di Sant’Angelo in Vado.
Nella prima, scritta il 10 marzo 1576 da Firenze, Federico chiede a Sebastiano di salutare
Paolo e Cesare e invita quest’ultimo nella città dell’Arno: [...] a m. Cesare chio l'a speto e
venghi alegramente ho avisi quando puol venire [...]
46
. Nella seconda, inviata a
Giambologna nel 1606, mentre i due artisti (Arbasia e Zuccari) erano impegnati a Torino
nella decorazione della Grande Galleria per il duca Carlo Emanuele I di Savoia
47
, Federico
scrive: E mi è compagno in questo ufficio il Signor Cesare Arbasia, valorossissimo Pittore
e tanto favorito da questa A.S., quanto amico e affettionato di V.S. se ne deve ricordare,
quando facevamo i brindesi in cima alla Cupola in quel tempo ch’io la dipingevo
48
. Come è
noto, Zuccari fu impegnato tra il 1576 e il 1579 nel completamento del ciclo di affreschi della
cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze, rimasto incompiuto alla morte di Giorgio Vasari.
Le citate lettere costituiscono, sul piano documentario, le uniche testimonianza della
presenza di Arbasia a Firenze. Inoltre, non è stato ancora possibile stabilire con certezza se
il pittore abbia svolto un ruolo attivo in questo cantiere
49
. Tuttavia, alcuni confronti tra gli
affreschi di Zuccari a Firenze e quelli di Arbasia a Cordova, sembrano suggerire possibili
punti di contatto: negli angeli raffigurati negli intradossi degli archi e nella volta della cappella
del Santissimo Sacramento si riconosce infatti un’evidente ripresa dei tipi elaborati da Zuccari
per la cupola fiorentina.
43
Baglione, 1642: 30. Vaes, 1931: 346. La pittura doveva essere già in cattivo stato ai tempi di Baglione, che
nella biografia di Pablo de Céspedes scrive: “Fece qui in Roma una bella facciata su ‘l Corfo incontro a s. Carlo,
fe ben’hora poco fi fcorge, per effer dal tempo affai guafta.
44
Lettera di Federico Zuccari a Sebastiano Caccini, 11 febbraio 1576, Archivio dell’Accademia Nazionale dei Lincei,
Roma, Tomo 44. Lettere scritte a Sebastiano Gavini [Caccini] dall'anno 1548 al 1593 dell’Archivio della Pia
Casa degli Orfani, parte I, Istituti Riuniti di S. Maria in Aquiro (ff. 106r, 106v). La lettera viene menzionata da
Aurigemma, 1995: 216 e poi pubblicata integralmente da Tartaglia, 2024: 98-99.
45
Muller, 1996: 91.
46
Lettera di Federico Zuccari a Sebastiano Caccini, 10 marzo 1576, Archivio dell’Accademia Nazionale dei Lincei,
Roma, Tomo 44. Lettere scritte a Sebastiano Gavini [Caccini] dall'anno 1548 al 1593dell’Archivio della Pia
Casa degli Orfani, parte I, Istituti Riuniti di S. Maria in Aquiro (ff. 104r, 104v, 105r, 105v). La lettera viene
menzionata in nota da Aurigemma, 1995: 212.
47
Sulla decorazione della Galleria di Carlo Emanuele I di Savoia si veda: Bava/Romano, 1995.
48
La lettera è pubblicata da Heikamp, 1958: 57.
49
Wazbinski basandosi sulle parole dello Zuccari, è convinto della collaborazione di Arbasia, al contrario
Acidini Luchinat, non è convinta della collaborazione di Arbasia al cantiere di Santa Maria del Fiore. Si vedano:
Wazbinski, 1985: 288. Acidini Luchinat, 1989: 48-49; 1999: 116.
Sul cantiere decorativo della cupola di Santa Maria del Fiore si vedano: Acidini Luchinat, 1989: 28-56. Acidini
Luchinat/Dalla Negra, 1995: 63-85. Acidini Luchinat, 1999: 65-102.
Cesare Arbasia e le fonti figurative nella Cappella del Santissimo Sacramento della Moschea-Cattedrale di Cordova
65
Si vedano alcuni esempi: i disegni di Federico Zuccari per gli angeli della cupola di Santa
Maria del Fiore, conservati presso la National Gallery of Canada di Ottawa e l’Albertina di
Vienna (figs. 7-8) hanno le stesse pose di alcuni angeli sulla volta delle navate della cappella
del Sacramento di Cordova (fig. 9). Tra questi, l’angelo con il braccio alzato (fig. 10), attribuito
Fig. 7. Federico Zuccari,
Angeli, penna e inchiostro bruno
con velatura bruna su sanguigna,
22,6 x 13,5 cm, National Gallery
of Canada, Ottawa, inv. 5577.
Fig. 9. Cesare Arbasia, Angelo
con fiori, dettaglio della volta,
Cappella del Santissimo Sacra-
mento, Moschea-Cattedrale, Cor-
dova.
Fig. 11. Federico Zuccari, Giudizio
Universale, particolare con il popolo di Dio, vela
ovest, cupola della Cattedrale di Santa Maria del
Fiore, Firenze.
Fig. 10. Cesare Arbasia (attribuito ad
Antonio Mohedano), Angelo, dettaglio
della volta, Cappella del Santissimo
Sacramento, Moschea-Cattedrale, Cor-
dova.
.
Federica Perugini
66
da Antonio Urquízar Herrera ad Antonio Mohedano
50
, richiama la posa di quello dipinto da
Zuccari nel settore 1 della vela ovest raffigurante il popolo di Dio (fig. 11). Anche gli angeli
con i simboli del martirio di Cristo del settore nord-ovest della cupola di Firenze possono
essere avvicinati ad altri angeli con mazzi di fiori della volta della cappella del Santissimo
Sacramento (figs. 12-13).
Analizzando poi gli angeli dipinti nei sottarchi della cappella del Sacramento, si può notare
la somiglianza delle pose e dei vestiti con gli angeli della cupola di Santa Maria del Fiore,
questa volta con quelli seduti del settore sud-ovest della cupola (figs. 14-15). Arbasia inoltre
riutilizzò anche alcune pose di altri personaggi come, ad esempio, la figura con le braccia
incrociate della vela ovest, settore 1, che viene trasformata nella cappella di Cordova in un
angelo che abbraccia la croce (figs. 16-17).
50
Urquízar Herrera, 2001: 99 fig. 17.
Fig. 12 Federico Zuccari, Giudizio Universale,
particolare del settore nord-ovest, cupola della
Cattedrale di Santa Maria del Fiore, Firenze.
Fig. 13 Cesare Arbasia, Angelo con fiori, dettaglio
della volta, Cappella del Santissimo Sacramento,
Moschea-Cattedrale, Cordova.
Cesare Arbasia e le fonti figurative nella Cappella del Santissimo Sacramento della Moschea-Cattedrale di Cordova
67
Fig. 14. Federico Zuccari, Giudizio Universale,
particolare del settore sud-ovest, cupola della
Cattedrale di Santa Maria del Fiore, Firenze.
Fig. 15. Cesare Arbasia, Angelo, dettaglio del
sottarco, Cappella del Santissimo Sacramento,
Moschea-Cattedrale, Cordova.
Fig. 16. Federico Zuccari, Giudizio Universale,
particolare del settore ovest, cupola della Cattedrale
di Santa Maria del Fiore, Firenze.
Fig. 17. Cesare Arbasia, Angelo, dettaglio del
sottarco, Cappella del Santissimo Sacramento,
Moschea-Cattedrale, Cordova.
Federica Perugini
68
Conclusioni
Il presente contributo si è concentrato sulle fonti figurative della decorazione della
cappella del Santissimo Sacramento della Moschea-Cattedrale di Cordova, con l’obiettivo di
individuare i modelli ai quali Cesare Arbasia poté attingere, senza tuttavia pretendere di
offrirne un’analisi esaustiva. Restano infatti ancora da approfondire sia l’iconografia dei Santi
Martiri di Cordova, che può considerarsi uno dei primi esempi di rappresentazione di questo
soggetto, sia l’altra pala d’altare raffigurante il Congedo di Cristo dalla Madre.
I riferimenti individuati rimandano ai cantieri romani di fine Cinquecento, come
l’Oratorio del Gonfalone, e all’attività fiorentina di Federico Zuccari, in particolare nella
cupola di Santa Maria del Fiore. L’analisi grafica mette in luce il rapporto tra Arbasia e
Zuccari, finora documentato soltanto dalle lettere del pittore di Sant’Angelo in Vado. Pur
non costituendo una prova di un suo diretto coinvolgimento nei lavori della cupola, i tipi
riutilizzati da Arbasia a Cordova attestano comunque la sua familiarità con quel cantiere.
Con questi dati, l’ipotesi che si può formulare è che Arbasia abbia portato con in Spagna
alcuni disegni di Federico Zuccari, successivamente riutilizzati decorazione della cappella del
Sacramento, oppure che comunque abbia avuto modo di copiare questi modelli a Firenze,
forse in preparazione della committenza spagnola. Non bisogna dimenticare che, fino a quel
momento, Arbasia si era distinto principalmente come pittore di paesaggi; giunto in Spagna
e chiamato a realizzare interamente a fresco una cappella con figure, doveva certamente
avvertire la necessità di alcuni riferimenti. Non è dunque improbabile che avesse portato con
sé dall’Italia disegni, stampe e altri materiali grafici utili a sostenerlo nell’affrontare i cantieri
spagnoli.
I confronti qui proposti offrono nuovi spunti per indagare più a fondo il rapporto tra
Arbasia e Zuccari, una relazione ancora poco documentata ma che, alla luce delle fonti
epistolari, appare stretta e continuativa. In particolare, nella citata lettera che Pablo de
Céspedes invia a Bastiano Caccini nel 1577, si legge: lui [Arbasia] secondo me si vorria
ritornare [...] con m. federico perche tutta la sua brama è ritornare con lui […]
51
,
testimonianza significativa del legame umano e professionale tra i due artisti.
La relazione tra i due pittori, infatti, non si interruppe con il trasferimento del saluzzese
in Spagna: entrambi saranno nuovamente insieme a Roma nel 1593 tra i fondatori
dell’Accademia di San Luca
52
e saranno coinvolti, agli inizi del Seicento, nei lavori decorativi
della Galleria del duca Carlo Emanuele I di Savoia a Torino
53
.
51
Muller, 1996: 91.
52
Missirini, 1823-1825: 67.
53
Su Arbasia pittore alla corte di Carlo Emanuele I si vedano: Muletti, 1831: 59-61. Baudi di Vesme, 1929: 278-
280.
Cesare Arbasia e le fonti figurative nella Cappella del Santissimo Sacramento della Moschea-Cattedrale di Cordova
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